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Quale futuro per la solidarietà in Europa

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Tutti solidali e tutti responsabili. Almeno sulla carta. “Le politiche dell’Unione Europea  e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario”. Così l’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sancisce il principio di solidarietà.
Eppure queste parole stridono palesemente con l’attuale crisi dell’area Schengen, con le tensioni sociali derivanti dai flussi migratori, con le problematiche connesse al mondo del lavoro e con il sempre maggiore assoggettamento dei diritti sociali all’impero bancario. Quale futuro, allora, per la solidarietà in Europa?
Cerca di rispondere la giudice costituzionale Silvana Sciarra nel corso del convegno intitolato “La solidarietà nel futuro dell’Europa”, svoltosi giovedì 9 giugno presso la Scuola Superiore di Catania.
Dalla relazione emerge un fitto intreccio tra immigrazione e lavoro, questioni dalle quali partire per rinvigorire il principio di solidarietà tra i paesi membri dell’Unione.
E’ proprio nella gestione dei flussi migratori e della crisi economica, infatti, che emergono sia segnali di allarme anti solidaristici sia politiche attive volte a ricostruire una nuova solidarietà.
Ecco qualche esempio,
Nel negoziare le condizioni per la permanenza in Europa della Gran Bretagana, Cameron ha chiesto di sospendere per 7 anni le prestazioni dello stato sociale nei confronti di cittadini di altri paesi dell’Unione.
La proposta dovrà passare al vaglio del Parlamento europeo, ma è comunque ricca di significati simbolici, spiega la giurista: si chiuderebbe il canale solidale delle prestazioni sociali e, sebbene la Gran Bretagna non faccia parte dell’area Schengen, rappresenterebbe comunque un forte ostacolo alla libera (e egualitaria) circolazione dei cittadini UE, altro pilastro del principio di solidarietà .
Contemporaneamente, però, all’altro capo dell’Europa c’è Lampedusa, ostinata nel soccorrere e accogliere tutti gli immigrati che approdano sulle sue coste, rappresentando secondo Sciarra la terra della solidarietà per eccellenza.
E’ proprio a Lampedusa, infatti, che è stato inaugurato il Museo della fiducia e del dialogo per il Mediterraneo al quale sono state inviate opere provenienti da musei di tutto il mondo affiancate da immagini e oggetti dei migranti di oggi.
Accanto ad un progetto di lungo periodo basato sul principio di solidarietà tra popoli per gestire i flussi migratori,  è necessario che in Europa si dia avvio a un progetto di crescita economica, sempre in nome della solidarietà.
Le economie più svantaggiate sono infatti quelle che più facilmente decidono di chiudere le frontiere e le proprie porte agli immigrati.
Insomma, l’attuazione di politiche solidali passa dalla sostenibilità economica.
Invece, oltre ai finanziamenti dei fondi strutturali UE, non ci sono soldi per finanziare le prestazioni dello stato sociale.
Eppure la migrazione economica è una fetta grossa dei flussi migratori e i migranti sono titolari di tutti i diritti umani sanciti dal diritto internazionale, compreso il diritto all’alimentazione e a vivere dignitosamente. Né è un forte segno la recente sentenza del Tribunale di Milano di cui Argo ha già parlato.
Per incentivare la solidarietà nel mondo del lavoro,  bisogna  rendere reali i presupposti per la mobilità dei lavoratori europei, accrescendo le competenze nei settori necessari al mercato del lavoro europeo e facendo sì che la certificazione delle competenze sia uniforme e comprensibile in tutta l’UE.
Si dovrebbe anche creare un fondo europeo di sostegno ai disoccupati, rivolto soprattutto ai giovani. Quest’ultima idea inizia a farsi avanti tra le istituzioni europee, ma non è abbastanza: l’UE guarda al tema dell’investimento sociale in modo discontinuo, mentre per ripristinare la solidarietà  servono finanze e investimenti continuativi.
La solidarietà sul lavoro si deve confrontare anche con la solidarietà tra generazioni: la speranza di vita rende ragionevole la scelta di allungare l’età lavorativa e dunque postporre il momento del pensionamento. Ma contemporaneamente i lavoratori più anziani sono poco aggiornati e sempre meno qualificati professionalmente, mentre i giovani restano tagliati fuori dal mercato del lavoro.
Allora, propone la giudice, perché non adottare dei provvedimenti che prevedano l’uscita dal mondo del lavoro di dipendenti pubblici in ragione della loro età al fine di far entrare nel mondo del lavoro i giovani? Il trattenimento in servizio, spiega Sciarra, non è un diritto; quindi questa proposta non sarebbe discriminatoria.
L’argomento resta comunque delicato: dove collocare il giusto equilibrio tra accesso al mercato del lavoro, età pensionabile e competenze?
Altro segnale positivo è dato dai sindacati dei lavoratori che hanno avanzato la proposta di far convergere gli standard salariali europei: gli stati membri non possono prevedere salari troppo bassi proprio come non possono avere un debito pubblico troppo altro.
In questo senso si è mossa per esempio  la Germania che nel 2015 si è  dotata di una legge sul salario minimo, fino ad oggi ben applicata.
In Grecia il Consiglio di Stato  ha ristabilito l’adeguatezza e la proporzionalità dei salari; la Commissione UE ha più volte raccomandato agli Stati membri che i lavoratori stranieri dovrebbero ricevere un salario minimo nel paese di destinazione.
Tutti segnali certamente positivi, ma ancora non sufficienti. Le politiche salariali sono, di fatto, ancora immobili.
La solidarietà potrebbe essere ripristinata anche rivolgendo lo sguardo oltre le istituzioni europee. Lo hanno fatto in Grecia i sindacati e  altri gruppi della società civile denunciando svariate violazioni di diritti sociali fondamentali di fronte al Consiglio d’Europa, istituzione non appartenente all’UE. Il Consiglio d’Europa ha quasi sempre dato ragione alla Grecia e, alla luce di ciò, molte leggi greche dovranno essere riviste affinchè si conformino con queste importanti pronunce.
Insomma, il futuro della solidarietà consiste anche nel denunciare e ripristinare le solidarietà violate invece di abbandonarsi a infruttuosi disfattismi.
Altro erogatore di solidarietà attuale sono le famiglie che conferiscono il benessere che lo stato sociale non è in grado di dare, rivolgendosi soprattutto agli anziani, ai giovani e agli esclusi.
Molti spunti di riflessione interessanti, ma poche certezze e proposte concrete. Del resto, su un argomento così pervasivo, l’analisi di un giudice costituzionale, per quanto puntuale, non può che essere insufficiente. Sarebbe stato bello se Silvana Sciarra fosse stata affiancata quantomeno da economisti e sociologi. Per prospettare soluzioni che si possano mettere in atto al più presto.
A questo link, il video integrale del convegno: http://www.scuolasuperiorecatania.it/il-futuro-della-solidarieta-in-europa/

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