Un appuntamento importante trasformato dal governo in una prova di forza con il risultato, o forse l’intento, di lasciare in ombra la discussione sui contenuti della proposta.
Per cominciare ad entrare nel merito di questi contenuti e aprire su di essi una seria riflessione, pubblichiamo oggi un appello che parte dall’Università e dalle Scuola catanesi.
Un invito ad interrogarsi sul fatto che questa riforma sia davvero urgente e imprescindibile, un tentativo di capire se davvero questa presunta modernizzazione/rottamazione voluta da Renzi servirà a migliorare il nostro paese.
Cambiare in questo modo le ‘regole’ della legge fondamentale dello Stato servirà, ad esempio, a contrastare la corruzione che coinvolge politici, imprenditori e alti funzionari in quella che sembra una spirale senza fine?
La modifica della composizione e del ruolo del Senato renderà il nostro paese più democratico e la nostra democrazia più partecipata?
“La posta in gioco è alta”, leggiamo nell’appello, discutiamone e attiviamoci.
Come preambolo politico a un’analisi, sia pur sintetica ed essenziale, della riforma costituzionale valgano le seguenti considerazioni:
NON è vero, contrariamente a quanto la maggioranza governativa ha stentoreamente sostenuto in questi mesi, che in Italia la Costituzione non sia mai stata riformata dal 1948 ad oggi. Si pensi, solo per richiamare un esempio recente, alla riforma del titolo V del 2001 che ridisegna i rapporti tra Stato centrale e autonomie regionali, conferendo a queste ultime competenze fondate sul principio di sussidiarietà;
NON è vero che riformare la Costituzione sia di per sé improcrastinabile ed indispensabile né, tanto meno, che una volta approvata la riforma costituzionale essa trascinerà con sé tutti i possibili progressi che si possono sperare perché l’Italia si risollevi nel campo dell’economia, del lavoro, dell’ordine pubblico, dell’ambiente, della formazione, etc;
NON è vero che il Parlamento fosse legittimato a modificare profondamente la Costituzione, giacché, al contrario, un Parlamento composto da “nominati” in violazione del potere di scelta degli elettori, come ha stabilito la Corte Costituzionale (sentenza 1/2014), avrebbe dovuto limitarsi all’ordinaria amministrazione e ad emanare una nuova legge elettorale meno disfunzionale ed oligarchica del criticatissimo, e incostituzionale, “Porcellum”
Viceversa, la nuova legge elettorale, il cosiddetto Italicum, del Porcellum (definita “legge porcata” dal suo stesso relatore, il leghista Calderoli, evviva l’onestà!) ribadisce le medesime imperfezioni della legge precedente.
Basti pensare ai “capilista bloccati” o al fatto che una lista che consegua il 25% dei voti potrebbe avere, in sede di ballottaggio e grazie al premio di maggioranza, la maggioranza assoluta dei seggi.
Va osservato che l’approvazione di siffatto dispositivo avvenuta preliminarmente rispetto alla riforma costituzionale determina una drastica concentrazione e verticalizzazione del potere di scelta nella mani del partito che vinca le elezioni, rendendo impossibile un qualsivoglia sindacato degli elettori sugli effetti distorsivi della riforma costituzionale.
I principali di essi possono essere così individuati:
Il Senato, composto da 100 membri è pressoché irrilevante nella scelta del Presidente della Repubblica e in quella di un terzo dei componenti del CSM. Gli organismi di garanzia (si ricorda che dal Presidente della Repubblica dipende anche la nomina di cinque giudici costituzionali e che dei cinque nominati dal Parlamento, tre verrebbero eletti dalla Camera e due dal Senato) sono, pertanto, notevolmente indeboliti dal combinato disposto legge elettorale / legge costituzionale.
Inoltre, ogni disegno di legge approvato dalla Camera verrà subito trasmesso al Senato che entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, potrà disporne l’esame. Nei trenta giorni successivi l’Aula di Palazzo Madama potrà deliberare a maggioranza assoluta proposte di modifica del testo sulle quali, in seguito, la Camera si pronuncerà in via definitiva. Ma Montecitorio potrà rispedire al mittente, bocciandole, le proposte di Palazzo Madama. Si passa, così, dal bicameralismo perfetto a un bicameralismo schizofrenico.
Ciò rappresenta un chiaro strappo rispetto al principio di sovranità popolare consacrato nell’articolo 1 della Costituzione (e secondo giurisprudenza costante della Consulta rientrante nella materia dei principi indisponibili della Carta non soggetti a revisione costituzionale).
Dal testo della legge non è affatto chiaro se i senatori saranno scelti dagli elettori o dai Consigli regionali. Verranno eletti – essa recita – dai Consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri”. Ora, se queste scelte fossero vincolanti, non ci sarebbe alcuna elezione ma una semplice ratifica; se non lo fossero, non vi è modo di comprendere in cosa esattamente consisterebbe la “conformità”.
La posta in gioco è alta, richiede la massima attenzione e attivazione per un impegno di forte tensione civile.
Primi firmatari dell’appello: Ernesto De Cristofaro, Antonio Pioletti, Gabriele Centineo, Ettore Palazzolo, Emma Baeri, Gaetano Lalomia, Eliana Creazzo, Rossana Barcellona, Antonio Navarria, Teresa Sardella, Gianni Famoso, Felice Rappazzo, Domenico Antonio Cusato, Salvatore Di Stefano, Nino De Cristofaro, Giuseppe Strazzulla, Francesca Rizzo Nervo, Gabriella Becherucci, Adriana Cantaro, Salvino Giuffrida, Rosalba La Rosa, Anita fabiani, Gianni Piazza, Carmela Blandini, Vittoria Marzullo, Giusy Clarke Vanadia, Rosario Mangiameli, Graziella Priulla, Giovanna Raineri, Rosalba Di Francesco, Maria Malaponte, Matilde Di Giovanni, Carmelo Furnari, Vincenzo Scalisi, Maria Liberti, Patrizia Maltese, Anna Di Saslvo, Mirella Clausi, Domenico Stimolo, Marcello Failla, Faust Scifo, Gabriella Cosentino, Antonio Rubino, Maria Pia Fiumara, Mimmo Cosentino, Paolo Parisi, Marcella Giammusso.
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