Yehia, una minore vittima di tratta, si è rivolta ad una avvocata dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) ed è stata accolta in un luogo protetto, dove viene aiutata e seguita. Ha avuto anche il coraggio di sottrarsi al vincolo ‘culturale’ dei riti voodu’ e si prepara ad andare a scuola.
Lo ha raccontato durante l’udienza dello scorso 7 0ttobre e la sua testimonianza è una delle ‘storie di vita’ di minori non accompagnati contenute nei pannelli esposti nell’aula riservata al Tribunale per i minorenni durante la manifestazione Miglior@ Giustizia. Eccola
Sono partita perché non avevo molte possibilità in Nigeria, mia madre è molto anziana, quello che guadagnava era sufficiente appena per la sopravvivenza.
Ho studiato sino alla prima media, ho iniziato a lavorare nel 2013 come donna delle pulizie in un negozio di videocassette, ma mi trattavano male, non mi pagavano e, in accordo con i miei fratelli maggiori, di 21 e 24 anni sono partita.
Mia madre non voleva.
In Nigeria sul posto di lavoro ho conosciuto un cliente, Nelson, con il quale mi sono confidata raccontandogli che volevo trovare un lavoro migliore e da lì è nata l’idea del viaggio in Italia.
Io ci avevo pensato in altre occasioni, ma avevo desistito perché non sapevo cosa mi aspettasse, ma quando Nelson, che ormai era diventato un amico, mi ha prospettato questa possibilità dicendomi che sarei stata ospite di sua sorella e che mi avrebbe aiutata io mi sono fidata e ho deciso per il viaggio.
In Libia ho capito che il mio destino sarebbe stata la prostituzione. Avevo solo il suo numero di telefono, ma quando sono arrivata in Italia l’ho dato all’avvocata Gilda (OIM) dopo un colloquio.
Quando ho lasciato la Nigeria, la donna con cui sono partita e che mi era stata presentata in Nigeria mi ha condotta in una casa con tante altre ragazze che costringeva alla prostituzione.
Mi sono spaventata perché mi diceva che tutte le ragazze facevano questo per vivere.
Io in Libia non sono stata costretta a prostituirmi perché la donna in questione, Elizabeth, non aveva pagato il viaggio per me. Ho deciso quindi di chiamare al contatto che mi era stato dato in Italia, alla donna che mi aveva pagato il viaggio, Joy, sorella di Nelson per chiederle se anch’io avrei fatto la stessa fine delle altre ragazze.
Lei più volte mi ha detto di no, ma che se fossi scappata mi sarei pentita amaramente. Queste minacce mi hanno fatto capire che certamente ero finita, mio malgrado, in un giro di prostituzione.
Joy mi ha detto che una volta arrivata in Italia e tratta in salvo avrei dovuto immediatamente telefonarle, non era chiaro dove sarei andata se in Sicilia o altrove, mi era poi stato detto che sarei potuta andare anche in Germania.
Mia madre non ha esperienza di queste cose, quando ha conosciuto Nelson si è fidata. Quando ne ho parlato con i miei fratelli loro si sono inizialmente preoccupati, ma poi si sono tranquillizzati.
Io non sapevo che per il mio viaggio è stata pagata una cifra così alta: 35 mila euro. Io avevo capito 350 euro.
Non sono mai stata contattata da nessuno, ho sentito mia madre solo una volta, lei mi ha detto che ha il numero di Joj. Non le ho detto niente perché non voglio farla preoccupare, lei non sa che ho rischiato di essere sfruttata. Le ho detto che stavo bene.
Mia madre mi ha chiesto se ero andata da Joj, le ho detto che non volevo più andarci, lei si è preoccupata perché avevo fatto un giuramento voodu’, che se infranto mi avrebbe portato alla morte. Non ho mai detto niente a mia madre sul luogo in cui mi trovo.
Mi trovo bene dove sono, sia con gli adulti sia con i minori, sono in un posto protetto, ancora non sono andata a scuola, mi sento al sicuro e sono felice. Non esco mai da sola……
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