Il Comitato Cittadini Attivi di San Berillo, che da anni sta sviluppando, con successo, un progetto di inclusione sociale, decoro e dignità attraverso la promozione di iniziative che, senza produrre ulteriore emarginazione, stanno aprendo il quartiere alla Città, di fronte a un tale provvedimento esprime, giustamente, significativi motivi di preoccupazione.
Nel metodo, innanzitutto. Perché, diversamente da altre occasioni, in questo caso l’assessore all’urbanistica e al decoro, Salvo Di Salvo, non ha ritenuto utile, prima della decisione, confrontarsi con gli abitanti, non convocando neanche una riunione della Fabbrica del Decoro della quale, peraltro, fa parte anche il Comitato.
E nel merito. E’, infatti, del tutto evidente che le due vie totalmente chiuse diventeranno, progressivamente, e senza che nessuno possa intervenire, due discariche a cielo aperto, con le conseguenze che tutti, ma non, evidentemente, l’assessore in questione e i tecnici che hanno progettato l’intervento, possono comprendere.
In questo caso, per esempio, il Comitato, in alternativa, “sentito il parere di tecnici professionisti, [propone] la realizzazione di una struttura metallica, dotata di parapetto antiintrusione sulle parti sommitali”.
Inoltre, sottolinea sempre il Comitato “in Via Caramba lavorano numerose sex workers che con la chiusura perderebbero il loro lavoro. Il comitato fa dell’inclusione sociale la sua bandiera e questa cosa è nota a tutti. In linea con le precedenti amministrazioni anche questa vuole far diventare San Berillo un corpo estraneo alla città, un bubbone da estirpare e come in passato si preferisce chiudere piuttosto che aprire i suoi spazi”.
In sostanza, la preoccupazione è quella che questo intervento, apparentemente dettato esclusivamente dall’urgenza, rappresenti l’avvio di un processo di “normalizzazione”. Per essere più espliciti, da quando il quartiere (in seguito ai numerosi interventi delle forze dell’ordine) ha perso le sue caratteristiche di “zona a luci rosse” per eccellenza, all’interno sono rimaste poche sex workers e sono arrivati molti extracomunitari, dando vita a una difficile convivenza, senza che nessuna amministrazione (né quelle precedenti, né l’attuale) abbia ritenuto necessario intervenire.
Solo l’attività di gruppi di volontari (prima la LILA, poi il Comitato Babilonia e, oggi, il Comitato San Berillo) ha evitato che il degrado raggiungesse livelli insopportabili. In particolare, il Comitato Cittadini Attivi di San Berillo sta riuscendo, anche, a costruire rapporti di “buon vicinato” fra tutti i soggetti presenti nel quartiere, attraverso una serie continua di iniziative (conosciute, e apprezzate, addirittura a livello nazionale) che mette concretamente in pratica quelle politiche di integrazione che tanti altri si limitano a declamare retoricamente.
Che ci siano, anche, questi motivi di preoccupazione lo sottolinea sempre il Comitato, secondo cui, “la chiusura di via De Pasquale risponde alle esigenze di chi vuole costruire delle barriere fisiche tra la Via delle Belle (ora Piazzetta Goliarda Sapienza) oggetto di interventi di abbellimento da parte dell’Accademia di Belle Arti e il resto del quartiere, nuove divisioni tra la “Catania bene e visibile” e quella che non si deve vedere”.
In una Città dove un gestore di discoteca (e lo diciamo al di là dei problemi giudiziari, che, in un paese normale, avrebbero dovuto rendere impensabile/improponibile il tutto) può interloquire con l’amministrazione comunale facendosi promotore di un’improbabile via degli artisti, non ci sorprende che chi lavora “senza scopi di lucro” sia ritenuto, dalla stessa amministrazione, un soggetto poco interessante, con il quale, eventualmente, interloquire solo quando se ne può ricavare una qualche utilità.
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