Lo ha espresso la consulta regionale degli ordini degli architetti, bollando la legge come soluzione pasticciata, frutto di arretratezza culturale che ignora quanto prodotto dal sapere scientifico e professionale degli ultimi anni
Ecco perchè la consulta, insieme ad altre associazioni culturali e ambientaliste, aveva espresso critiche già in occasione della prima stesura del decreto e si era rifiutata anche di presentare emendamenti non condividendo i principi di fondo a cui esso si ispirava.
Le norme (“Norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storci”- legge 10 luglio 2015, n.13) appaiono infatti, agli occhi della consulta, ancorate ad una vecchia concezione del rapporto tra centri storici e città moderna, ormai accantonata a vantaggio di una visione che considera la città come un insieme di “tessuti urbani” che comprendono realtà storico ambientali diverse, tutte interessanti e significative.
La stessa forma della città viene considerata dalla consulta un valore da tutelare, alla stessa stregua dei manufatti storico-architettonici di pregio. Ecco perchè l’idea di ammettere la ristrutturazione urbanistica tra le categorie di intervento è considerata ‘balzana’.
Il rischio che si corre con la nuova legge è quello di cancellare gli “elementi identitari” delle città con i relativi processi di sedimentazione storica e culturale. A favore di interessi puramente speculativi.
I sommari interventi di ‘liberalizzazione’ proposti, ben diversi dai “processi intelligenti di rigenerazione urbana” di cui dovrebbe dotarsi una politica lungimirante, possono creare ‘a cascata’ – a parere della consulta- gravi conseguenze.
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E gli stessi concetti di classificazione delle unità immobiliari, che gli architetti della consulta definiscono ‘abborracciati’, possono creare una “confusione interpretativa della classificazione tipologica degli edifici”.
Oltre ad annullare con un colpo di spugna alcuni principi fondamentali, tra cui quelli di rilevanza costituzionale ripresi nel Codice dei Beni Culturali (DLgs42/2004), viene cancellato – scrivono gli architetti – anche il contenuto di leggi precedenti finalizzate alla tutela dei centri storici e dell’ambiente (vedi art. 55 della LR71/78)
Quanto ai Piani Particolareggiati per i centri storici, l’Assessorato territorio e ambiente (ARTA) nel 2000, con la circolare n.3, aveva già previsto che fosse possibile superare la loro obbligatorietà redigendo una Variante Generale dei centri storici incentrata su uno “studio di approfondimento delle peculiarità e delle specificità di ciascun caso”.
Da questa circolare si doveva probabilmente ripartire per individuare nuovi strumenti di intervento piuttosto che ricorrere a soluzioni grossolane, magari solo per “raccattare fragili consensi”.
Nonostante il disaccordo totale sul merito della legge, espresso con termini duri e senza sconti, la consulta conclude la sua nota critica esprimendo disponibilità a fornire il proprio contributo quando l’Assessorato dei Beni Culturali, possibilmente in accordo con quello di Territorio e Ambiente, vorrà procedere alla redazione delle linee guida e/o un regolamento attuativo della legge.
Leggi il testo integrale della nota trasmessa dalla consulta
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