Abbiamo perso. Il disegno di legge Renzi-Giannini, in attesa dell’ultimo –formale – passaggio alla Camera, è realtà. La straordinaria mobilitazione di docenti e personale ATA, apparentemente, non è servita a nulla.
Preside-podestà, docenti di serie A e B, fine della libertà di insegnamento e svuotamento degli organi collegiali sono stati concretamente realizzati.
E ancora, come se non bastasse, il governo dispone di molteplici deleghe in bianco (dai programmi alla formazione dei docenti) che ci faranno ulteriormente allontanare dalla scuola della Costituzione.
E’ una controriforma che sintetizza quanto proposto negli ultimi venti anni, senza soluzione di continuità, dai governi di centro-destra e centro-sinistra. E’ una controriforma che impedisce la realizzazione di quei cambiamenti che erano, e sono, necessari per garantire il diritto di tutte/i all’istruzione, in una scuola qualificata e critica. Insomma, un drammatico passo indietro.
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Come, peraltro, è avvenuto anche dal punto di vista delle procedure decisionali. Un governo, meglio dire un partito, il PD, che va avanti “a colpi di fiducia”, di fronte a un’opinione pubblica che, evidentemente e coralmente, ne mette in discussione le scelte non è “il governo del fare”. E’ un esecutivo che, mancando di autorevolezza, prova fastidio a percorrere quel cammino, lungo e faticoso, che contraddistingue la democrazia.
Di fronte a tutto ciò, sarebbe certamente comprensibile la reazione di chi “tira i remi in barca”. Se, anche quando ci si mobilita in maniera straordinaria, non si ottiene nulla, meglio lasciar perdere. Comprensibile, ma non condivisibile.
Perché, in effetti, in quest’anno scolastico è avvenuto qualcosa di nuovo: docenti e ATA hanno ripreso la parola. Il silenzio che, almeno dal 2008, ha caratterizzato la maggior parte dei lavoratori della scuola e degli stessi sindacati, è stato rotto.
Non per rivendicare un sacrosanto rinnovo del contratto (bloccato da anni), ma per difendere la dignità del proprio lavoro e, soprattutto, la scuola, un bene comune. E tutto ciò è stato compreso e condiviso da genitori e alunni.
Paradossalmente, nel momento in cui viene cancellata dal governo la democrazia, chi “vive” nella scuola ha realizzato di non poterne fare a meno. Continuare a manifestare (il 7 luglio a Roma) non rappresenta, perciò, l’ultimo “rituale” passaggio di un finale già scritto.
Se non disperderemo il patrimonio accumulato e manterremo questa capacità di organizzazione e dialogo, rappresenteremo, di fronte ai sicuri fallimenti della controriforma, quel punto fermo dal quale ripartire per cambiare veramente la scuola.
Coscienti, certo, che le condizioni oggettive per praticare il cambiamento sono più difficili, ma convinti, nello stesso tempo, che una scuola “di servi” può esistere solo se chi vi lavora accetta una tale condizione. Come si diceva una volta, “l’albero può desiderare la calma, ma non per questo il vento cesserà di soffiare”.
E’ bene che si conoscono i nomi dei senatori che hanno votato la fiducia e la loro appartenenza politica e territoriale.
Tra questi, ad esempio, c’è la nostra impegnata concittadina, senatore Anna Finocchiaro.
Sarebbe interessante conoscere il suo pensiero e i suoi piani oltre alla sua opinione sulla scuola che immagina per i suoi nipoti. Forse una scuola privata….