La miseria e la virtù
Catania / San Berillo, vent’anni fa
di Giuseppe Fava (I Siciliani 2/4/86)
Ed ecco la terza parte della inchiesta giornalistica di Pippo Fava su San Berillo e sul cosiddetto risanamento. Apparsa nell’estate-autunno 1966 sulle pagine de La Sicilia, fu ripubblicata da ‘I Siciliani’ vent’anni dopo.
In questo stralcio Fava esamina i costi dell’operazione che gravarono quasi per intero sul pubblico e cioè sulle tasche dei cittadini. Fu soprattutto il Comune a corrispondere all’Istituto Immobiliare la somma di tre miliardi e cinquecento milioni di lire, prelevati dall’imposta di famiglia; costo che, sulla spinta dell’inflazione, crebbe fino a quattro miliardi in dieci anni.
Stato e Regione invece si impegnarono a costruire il ‘ghetto’ del nuovo San Berillo che costò 15, 16 miliardi. Per l’Istituto Immobiliare, esentato da tasse e balzelli, l’operazione fu quasi a costo zero. Ma questo potremo leggerlo in un futuro post.
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Partiamo dunque dal presupposto che il gigantesco risanamento è stato realizzato -in massima parte- con pubblico denaro e perciò esso non è una storia privata: esso è un diritto di tutti i cittadini che lo hanno praticamente pagato, e nello stesso tempo un dovere inviolabile di coloro che hanno firmato la legge di risanamento: il Comune da una parte e l’Istituto Immobiliare dall’altra.
Fra queste due parti il giorno 6 maggio 1956, nel palazzo degli Elefanti di Catania, veniva firmato un contratto che rendeva operante la legge regionale del 25 giugno 1954 e che dava praticamente inizio alla gigantesca operazione urbanistica destinata a sconvolgere e rinnovare letteralmente l’antico centro della città.
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L’Istituto Immobiliare partiva con un notevole vantaggio: il Comune, lo Stato e la Regione si assumevano infatti quasi l’intero costo del risanamento, valutabile a conti fatti in una ventina di miliardi da spendere in dieci anni.
Uno stanziamento al quale Catania, la più vitale città del Meridione, aveva tuttavia ben diritto e che in definitiva costituisce un autentico investimento sociale per la profonda trasformazione che ha determinato in tutta l’economia catanese: le centinaia di migliaia di giornate lavorative, l’incremento delle attività indistriali per l’edilizia, il continuo moltiplicarsi delle iniziative commerciali.
Tutto ciò in un momento in cui l’economia nazionale appariva quasi paralizzata dalla recessione economica. Ma torniamo agli impegni degli enti pubblici.
Il Comune innanzi tutto! Esso si impegnava a corrispondere all’Istituto Immobiliare a titolo di risarcimento per le espropriazioni, la somma di lire tre miliardi e cinquecento milioni, da pagare in ragione di trecento milioni annui.
Non solo il Comune consentiva che tali somme fossero prelevate sui proventi della imposta di famiglia ma, a maggior garanzia, rilasciava sessanta delegazioni bimestrali di pagamento, impegnandosi inoltre a correggere l’ammontare del debito secondo la svalutazione della moneta.
Non basta, il Comune si accollava il pagamento di tutti i contributi di miglioria e contemporaneamente esonerava l’Istituto Immobiliare dal versamento di tutte le tasse per licenze di costruzione e abitabilità, per occupazione di aree e spazi pubblici, per maggiore altezza, allacciamento fogne e tasse edilizie in genere.
Complessivamente e tenuto conto della svalutazione della moneta, il Comune ha pagato circa quattro miliardi in dieci anni, cioè l’intero conto delle espropriazioni in tutto il quartiere da risanare.
Da parte loro Stato e Regione si impegnavano a costruire il nuovo San Berillo, cioè il quartiere dei nuovi alloggi che avrebbero dovuto gradualmente ospitare le trentamila persone evacuate dal vecchio quartiere. Una spesa che può essere valutata sui quindici, sedici miliardi.
La costruzione del nuovo quartiere veniva affidata allo stesso Istituto Immobiliare nei confronti del quale il Comune assumeva addirittura impegno di ottenere dallo Stato e dalla Regione i mezzi finanziari sufficienti e inoltre di fare attribuire all’Immobiliare, per la costruzione di tale villaggio, i tre quarti di tutti gli stanziamenti destinati a Catania per opere di risanamento e case popolari.
Al di là di questa valanga valanga di miliardi che l’ente pubblico, cioè il cittadino, profondeva nell’opera di risanamento, quali erano invece gli impegni finanziari dell’Immobiliare?
(continua)