I parchi comunali, una città che respira

Catania non è una città che nuoti nel verde.
Passi per i quartieri storici quando non esisteva un cultura specifica, eppure da quei tempi abbiamo ereditato la villa Bellini, il boschetto della Plaja e la villa Pacini.
Quello che non è sopportabile è il modo scempiato con cui la città è stata fatta crescere nella seconda metà del ‘900. Solo dopo aver saturato il territorio di case, ci si è ricordati -ma ormai era troppo tardi- che bisognava fare delle strade adeguate e occorreva lasciare un metro quadro di terra per metterci un vaso di basilico e uno di prezzemolo. Ma tant’è.
Solo negli ultimi due decenni ci si è resi conto del malfatto e si è cercato di sopperire con qualche fazzoletto di terra sottratto alla speculazione e trasformato in qualcosa che assomigli quanto meno ad un parco di quartiere, ad eccezione del più ampio, ma eterno non finito, parco Gioieni.
Meritorio, in questo senso, è il video-reportage sugli spazi verdi della città, realizzato dall’associazione Penelope e presentato da Oriana Cannavò nel corso dell’incontro organizzato da La Ragna-Tela nel corso dell’iniziativa “Le pretese delle donne. Una città che respira” che si è tenuta alla Palestra Pietro Lupo, per il coordinamento di Anna Di Salvo de ‘La città felice’.
Una decina sono in tutto gli spazi passati in rassegna, quasi tutti ben conosciuti da pensionati, nonne e  giovani mamme, molti dei quali però accomunati da un’unica nota dolente, il cattivo stato di manutenzione sia degli spazi verdi che delle strutture di servizio che va addebitato all’Amministrazione comunale. Si è poi sommata nel tempo la certosina opera di danneggiamento e abbruttimento messa in atto dai tanti vandali urbani.

Preoccupanti, in particolare sono state le informazioni sul cattivo stato di salute degli eucalipti e dei pini del Boschetto della Plaja, fornite da Mirella Clausi, del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.
La prossima installazione su una parte di esso di un Parco avventura per iniziativa di privati, i cui proprietari dovrebbero farsi carico anche della manutenzione del verde, non lascia del tutto tranquilli, specie se non ci sarà -come spesso accade- una puntuale e costante verifica degli impegni presi da parte dell’Amministrazione.
Ma in ogni caso, ci si è chiesto, perché non è possibile continuare a godere di questi spazi di natura semplicemente per quello che sono, senza necessariamente doverli mercificare?

Argo

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