Il tema dell’incontro (a junta, u ‘ncontru) fra il Risorto e la madre Maria caratterizza i riti della Domenica di Pasqua in Sicilia, in genere connotati da manifestazioni di gioia, ben rappresentate dalla caduta del manto nero del lutto della Madonna per essere sostituito da uno azzurro al momento del ricongiungimento fra la madre e il figlio.
Come tutti i riti della Settimana Santa, soprattutto i sontuosi cortei del Venerdì, molte di queste manifestazioni si ricollegano alla presenza spagnola in Sicilia e ricordano da vicino manifestazioni analoghe che si svolgono in Andalusia e a Siviglia in particolare.
A Prizzi, un paese di montagna dell’entroterra palermitano che conserva ancora la sua struttura urbanistica tradizionale fatta di strade strette, tortuose e ripide, l’incontro tra Cristo e la madre viene messo in scena con una particolare drammatizzazione, probabilmente di origine medievale, ma con radici che affondano nella più antica cultura pagana.
Tre i personaggi che fin dal primo mattino scorazzano per le vie del paese: la Morte, vestita con una tunica gialla, la faccia coperta da una maschera di cuoio, anch’essa verniciata di giallo, che simula un teschio dalla cui bocca fuoriescono delle lunghe zanne, e che porta in mano una balestra ; due Diavoli, che indossano tuniche rosse, con il volto coperto da maschere di metallo con denti sporgenti e sormontate da un paio di corna, le spalle coperte da pelli di agnello, uno nero e l’altro bianco. Entrambi portano catene di ferro spezzate, come se si fossero appena liberati, e si aggirano rumorosamente per le vie del paese fermando i passanti e impadronendosi simbolicamente delle loro anime che vengono rilasciate solo in cambio di un obolo (soldi o dolci).
E’ per questo che il gruppo è affiancato da una quarta persona, ‘il notaio’, vestita in abiti civili e che porta una borsa di cuoio in cui raccoglie le offerte che gli abitanti del paese ed i partecipanti catturati fanno ai Diavoli “per poter garantire la propria salvezza” ma che in effetti servono a finanziare in parte la manifestazione.
Questa scena si ripete in vari punti del paese per tutta la mattinata. Nel pomeriggio esce la processione che accompagna separatamente le statue del Cristo risorto e di Maria Addolorata, scortata quest’ultima da due angeli armati di spada.
Quando due le statue si trovano ai due capi della strada principale e cercano di venirsi incontro, i Diavoli e la Morte si mettono nel mezzo e si scatenano in una danza forsennata, appunto ‘il ballo dei diavoli’, cercando di impedirne la riunione.
Tre sono i tentativi che vanno a vuoto, fino a quando i Diavoli e la Morte non vengono simbolicamente trafitti dalle spade dei due angeli, incitati dalla banda musicale e dalla popolazione festante. A questo punto l’incontro e il reciproco riconoscimento fra il Risorto e sua Madre possono avvenire e Maria può dismettere il manto nero del lutto per indossare un luminoso manto azzurro.
Diverse ma convergenti sono le letture che si possono dare di questa caratteristica azione scenica, dove fede e folclore sono intimamente fusi: si tratta con tutta evidenza dell’eterno tema della lotta tra la luce e le tenebre, tra la vita e la morte e della vittoria del Bene sulle forze del Male, reinterpretato in chiave cristiana come vittoria di Cristo risorto sulla morte e quindi sui Diavoli.
Celebrandosi poi per Pasqua, più o meno, cioè, all’inizio della primavera, è probabile che riprenda anche qualche antico rito pagano con cui si festeggiava la fine dell’inverno e la ripresa della vita vegetativa della natura.
Da Prizzi ci viene dunque il messaggio forte che è la Vita, nelle sue varie forme, che riporta la vittoria finale, un segno di speranza di cui tutti abbiamo bisogno.
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