“Tanto tanto tempo fa, tra le acque chiacchierone del mare”, inizia così il piccolo libro illustrato “Scilla e Cariddi”, pensato per far conoscere ai bambini il mito classico delle due creature mostruose, custodi dello Stretto di Messina, rivisto con sensibilità ecologica.
Scritto da Valeria Alessi e illustrato da Giuseppe Lisciotto, entrambi nati sullo Stretto, per la collana “I miti matti” della casa editrice Mesogea, questo volumetto è un piccolo capolavoro in cui testo e grafica si sposano perfettamente riuscendo, sempre con leggerezza, ad adattare un mito del passato alla lettura critica del presente.
Agli occhi dei piccoli lettori (ma il libro è adatto anche ai bambini che non sanno ancora leggere e amano guardare le figure) Scilla e Cariddi non appaiono come terribili mostri alla cui violenza distruttiva è quasi impossibile sopravvivere.
Sono piuttosto due creature singolari, tratteggiate in modo spiritoso e ironico, vittime dell’inquinamento che sta distruggendo il mare.
Nonostante la loro diversità, sono molto amiche e hanno tratti umani sottolineati anche dal disegno. L’ingombrante e morbida Scilla prende il sole sulla roccia della Calabria indossando un costume da bagno sull’informe corpo verde mentre un paio di occhiali di sole orna una delle sue sette teste e un vivace cappellino ne abbellisce un’altra.
Veloce e leggera, elegante e spiritosa, Cariddi danza tra le spiagge e il mare profondo e i suoi tentacoli e i suoi occhi asimmetrici la rendono divertente più che terribile.
E se non mancano le pagine in cui si fa riferimento alle gesta spaventose narrate dal mito, con Cariddi che ingoia le sue prede mentre Scilla scivola sotto il mare alla ricerca di imbarcazioni di cui cibarsi, la descrizione è comunque alleggerita dal tocco ironico, come nel caso di Cariddi che succhia le sue prede “come si succhia il succo di frutta con la cannuccia”.
Il tema dominante della storia è un altro. Non c’è più il mare vivo, piacevole e pulito, con le sue meduse “impiccione” e i molluschi “appiccicosi” che non lasciavano sole le due amiche neanche quando spettegolavano sulle storie d’amore dei delfini.
L’intervento dell’uomo, la strada costruita dentro la roccia, i gas puzzolenti delle automobili, le bottiglie di plastica e le latte di benzina abbandonate in acqua, hanno ucciso il mare e i due “mostri” fanno fatica a respirare, tossiscono bolle e ingoiano accendini e pannolini sporchi.
Con le lacrime agli occhi decidono infine di fare le valigie e “filare giù”, negli abissi, in attesa che l’uomo capisca e smetta di distruggere la natura.
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