All’inizio molti catanesi sono andati solo per curiosità, perchè il curatore era Sgarbi; per vederlo da vicino. E per questo hanno atteso due lunghe ore, fino all’arrivo del critico d’arte, alle 13 anzichè alle 11. Questo per il taglio del nastro.
Adesso “Artisti di Sicilia. Da Pirandello a Iudice”, sotto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica, realizzata da Exa Mondi Nuovi e promossa dal Comune di Catania, dal Ministero dei Beni culturali e dall’assessorato regionale all’Identità siciliana, è stata visitata in un solo giorno – secondo i dati dell’Ufficio stampa del Comune – da 1500 persone con un incasso di 8000 euro.
“La grande partecipazione – ha spiegato l’assessore alla Bellezza condivisa, Orazio Licandro – conferma il grande successo delle nostre iniziative culturali. Pur non essendo un museo nazionale o regionale abbiamo ottenuto dal Ministero dei beni culturali di inserirci nell’iniziativa ‘domenica al museo’.
Certo, il Piano di rientro economico e la presenza di due mostre ci impedisce di offrire gratuitamente l’ingresso, ma siamo riusciti quasi a dimezzarne il prezzo, portandolo da otto a cinque euro (la riduzione vale per i gruppi e non per i singoli n.d.r.). E i Catanesi e i turisti hanno risposto con entusiasmo.”
La mostra potrà essere visitata solo per pochi giorni ancora (chiuderà i battenti il 16 marzo), ma ben presto cederà il posto ad un altro evento, “Pablo Picasso e le sue passioni” del quale anticipiamo il pieghevole e che prenderà il via dal 3 aprile.
Deve ancora venire al mondo e ha già suscitato polemiche. Molti infatti di fronte alla definizione data dal Comune “Mostra su Picasso” si sono chiesti: “Ma si tratta di opere dell’artista spagnolo o di opere che hanno a che fare con lui ma non a sua firma, omaggi o citazioni, per esempio?” Indignato, l’assessore Licandro ha precisato che la dicitura “su Picasso” “non esclude la presenza di opere originali”.
Ma questa è un’altra esposizione; torniamo ad Artisti di Sicilia. La mostra è nata da un’idea di Gianni Filippini, la direzione artistica è di Giovanni Lettini e quella creativa di Sara Pallavicini. Circa trecento opere, sono disposte nei quattro livelli del maniero federiciano: pitture, sculture, fotografie e ceramiche che rappresentano un secolo di storia dell’isola.
Accanto ai nomi noti, come Renato Guttuso e Fausto Pirandello, Piero Guccione e Franco Sarnari, Pippo Rizzo e Emilio Greco, nell’esposizione trovano posto anche giovani e meno noti artisti. E questo va bene. Quel che non funziona -secondo alcuni insegnanti e critici d’arte- è che non si intravvede un discorso unitario ed armonico, una logica che sottostìa all’esposizione. Che le opere sembrano messe insieme non in base ad un criterio, ad un tema, ma raccattate alla bell’e meglio. Per ricorrere ad una metafora terra terra, all’insegna dell’insaccato misto, insomma.
Una mostra che insegnerebbe “il disprezzo dell’opera d’arte. – calca la mano un insegnante – Non si capirebbe cosa abbia fatto il curatore che deve individuare e svolgere il tema della mostra, né l’allestitore che deve organizzarne gli spazi”.
Sembra anche che ai giovani artisti in cambio di quella vetrina, per loro comunque prestigiosa, sia stato imposto l’acquisto del catalogo.
Della mostra dice un insegnante e critica: “E’ un insulto all’arte, un ‘operazione volgare ed è diseducativo per i giovani. Io ho portato i miei alunni ma me ne sono pentita. Non c’era nulla da imparare per i ragazzi.”
Persino lo stesso Sgarbi ha parlato di “allestimento minimalista attuato forse per risparmiare.”
Ma forse, con la fame atavica di arte e cultura che c’è a Catania, anche se non sono il massimo queste mostre sono comunque “tutto grasso che cola”.
E dire che il New York Times l’avrebbe definita -sempre a quanto
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" Indecente ". E' la lapidaria risposta di un addetto ai lavori, un affermato architetto, alla mia domanda su cosa ne pensasse della mostra. Il suo giudizio era soprattutto riferito all'impaginazione e all'esposizione delle opere, disposte per lo più in modo ammassato, soffocate e soffocanti quelle della collezione permanente del museo in un percorso tortuoso e confuso, illuminate in pessimo modo: non una mostra, ma una fiera nel senso peggiore del termine. Eppure erano presenti tante belle opere (insieme ad altre meno belle e significative) svalorizzate senza ritegno, anche se pretestuosa e deviante è risultata l'operazione in sè.
Chi,come me, ha avuto modo di vederla a Palermo, può testimoniare che almeno per la presentazione delle opere lì il discorso funzionava in modo ben diverso, con attenzione al percorso e rispetto per le esigenze del fruitore e il costo del biglietto era di 5 euro. I dati positivi della partecipazione all'edizione catanese non autorizzano alcun trionfalismo, semmai dovrebbero fare meditare sul vuoto culturale della nostra società e sulla diseducazione del pubblico, catturato più dal battage pubblicitario messo in atto dall'organizzazione e motivato sia dalla curiosità che dal bisogno consumistico di partecipare all' "evento".
Tralasciando il merito storico-critico della mostra, che qui sarebbe lungo argomentare, si pone una domanda : perchè la scelta "Da Pirandello a Giudice" ? Passi per gli autori ormai storicamente consacrati e segnalati dai pur superficiali pannelli esplicativi, ma quali sono stati i criteri di scelta degli artisti dagli anni '80 in poi?
Significative le presenze di alcuni, sorprendenti (al negativo) quelle di altri (e qui sollecito l'onesto giudizio degli addetti ai lavori, gli artisti). Come si è svolta la selezione che ha portato ad alcune discutibili presenze e a colpevoli assenze? Con quali criteri e a quali condizioni?
Si è detto che nel deserto delle proposte artistiche catanesi tutto quel che arriva è in qualche modo utile. Non condivido nè questa affermazione, nè la scelta di tanti (seppure onesti) operatori artistici che hanno deciso di essere presenti in questa, come in altre operazioni pseudo culturali, giustificandosi col dire che in qualche modo è meglio esserci . Per quale motivo? Ho sempre avuto rispetto per gli artisti che considero degli intellettuali a pieno titolo e perciò responsabili dell'educazione culturale dei nostri cittadini. A loro rivolgo l'appello a non farsi più strumento della demagogia di alcuni "critici d'arte" che insieme ad organizzatori privi di scrupoli culturali mettono insieme simili operazioni a loro escusivo profitto economico e a danno della cultura e a spingere la pubblica amministrazione a sostenere manifestazioni culturali degne di questo nome e non paraventi per basse speculazioni commerciali. Vedremo con la prossima mostra su Picasso!