Categories: Diritti

8 marzo, al diavolo le mimose

Otto marzo 2015, l’ennesimo. La strada è ancora lunga e tutta in salita per le donne. Per tutte le donne.
Nel “civile” Occidente tirano avanti con fatica, lottano per il lavoro, il salario e la carriera destreggiandosi tra questo e la famiglia. Ai vertici, però, ci sono quasi sempre uomini. Solo un esempio: in Europa amministratore delegato è un uomo nel 97,6% dei casi, una donna solo nel 2,4%.
In Europa come in tutto il mondo le donne sono vittime di violenza sessuale, psicologica , fisica. Vengono violentate, ferite, mutilate, rapite, uccise.
In Italia ogni due giorni una donna è vittima di femminicidio. Ammazzata dal marito, dal compagno, dal fidanzato.
In India gli stupri di gruppo non si arrestano, anzi sono diventati una vera e propria piaga sociale. E gli stupratori di Amanat, la studentessa di 23 anni violentata sul bus e morta per le violenze, hanno avuto la tracotanza di accusare: “Se l’è voluta”.
Guarav, 34 anni, è in carcere per avere stuprato una bambina di 5 anni. Alla documentarista britannica Leslee Udwin (anch’essa vittima di violenza) che lo intervistava ha dichiarato candidamente: “Era una ragazza mendicante. La sua vita non aveva alcun valore”.
Interviste e confessioni shock di violentatori indiani hanno formato un documentario dal titolo “India’s Daughter”, adesso fatto ritirare da Youtube dal governo indiano.
Ecco cosa hanno dichiarato altri violentatori.
“Una ragazza è molto più responsabile di un ragazzo per uno stupro. Solo il 20% delle vittime sono brave ragazze”.
“Jyoti avrebbe dovuto rimanere in silenzio e lasciarsi violentare. Allora l’avremmo lasciata andare dopo essercela fatta e avremmo solo picchiato il ragazzo”.
Oggi, 8 marzo, ma anche domani e dopodomani e sempre, senza smettere per un attimo, vogliamo denunciare insieme ad Amnesty la ferocia del gruppo armato dello Stato islamico, l’Isis, contro le donne e le ragazze yazide in Irak. Talora si tratta di ragazzine di 14, 15 anni o anche più giovani.
Lo stupro viene usato come arma della campagna di pulizia etnica per eliminare le minoranze etniche e religiose.
E loro hanno l’unica colpa di appartenere proprio ad una minoranza.
Secondo il rapporto intitolato “In fuga dall’inferno” sarebbero centinaia se non migliaia le donne costrette a convertirsi, a sposare contro la loro volontà, quelle che vengono vendute come schiave o “regalate” ai soldati dello Stato islamico.
Alcune di loro hanno preferito togliersi la vita. Come Jilan, 19 anni, che si è suicidata per evitare lo stupro.
Una delle ragazze che è poi riuscita a fuggire ha dichiarato ad Amnesty International: “Un giorno ci hanno dato degli abiti che sembravano costumi da danza, ci hanno detto di lavarci e poi indossarli. Jilan si è uccisa in quel momento, nel bagno. Si è tagliata i polsi e poi si è impiccata. Era una ragazza molto bella. Penso sapesse che di lì a poco sarebbe stata presa da un uomo e per questo si è tolta la vita”.
“Wafa, ha 27 anni,- è il rapporto di Amnesty International – lei e sua sorella hanno tentato il suicidio la notte dopo che i loro rapitori le avevano minacciate di sottoporle a matrimonio forzato. Hanno cercato di strangolarsi con i veli ma due ragazze che dormivano nella stessa stanza si sono svegliate e le hanno fermate”.
“Abbiamo legato i veli intorno al collo – ha raccontato – e abbiamo tirato da una parte e dall’altra con tutta la forza che avevano, poi sono svenuta. Nei giorni successivi non riuscivo più a parlare, ha detto”.
Randa, 16 anni, è stata venduta o regalata – non lo sa neanche – a un uomo che aveva il doppio dei suoi anni e che l’ha stuprata. La ragazza è stata rapita insieme ad altri parenti, compresa la madre incinta.
I torturatori e carcerieri sono iracheni e siriani, combattenti dello Stato islamico o anche solo simpatizzanti. Bravi mariti e padri di famiglia. Spesso hanno tenuto prigioniere le ragazze nelle loro case insieme alle mogli e ai figli.
Altro che festa della donna! Al diavolo le mimose!

Argo

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  • La mimosa è una pianta e, in quanto tale, non deve andare al diavolo.
    La mimosa è un simbolo e, in quanto tale, non deve andare al diavolo.
    Tutti coloro che mandano al diavolo una pianta, un simbolo e qualsiasi altra cosa, dovrebbero riflettere e capire che: "mandare al diavolo" è una forma di fondamentalismo tale e quale a quella che vorrebbero combattere.
    Non occorre andare lontano, basta indagare dentro la Sicilia per capire che determinati concetti e preconcetti sono nel nostro DNA.
    Interrogare le donne anziane siciliane per sentire cosa pensano, potrebbe essere un percorso utile.
    Guido Puglisi

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