Dal 1988, lungo le frontiere dell’Europa, oltre 23.000 donne, uomini bambini, non sono approdati al loro “sogno” sognato.
Giorno dopo giorno, corpi senza vita navigano nel Mediterraneo, nell’Oceano Indiano, nell’Atlantico fra le Canarie e la Spagna. Nessuno sa quanti siano i naufraghi di cui non abbiamo avuto notizia. Lo sanno le mamme, le mogli dei dispersi che dal Marocco allo Shri-Lanka si chiedono da anni che fine abbiano fatto i loro figli, i loro mariti, partiti un giorno per l’Europa e di cui non hanno avuto più notizie.
Corpi che non vedranno mai il “sogno” sognato, che non avranno mai quel sorriso quando, stremati dal viaggio sui barconi, vengono raccolti dalle motovedette delle guardie costiere.
Donne, uomini e bambini che fuggono da una vita di povertà, stenti, fatica, da terre di siccità, da terre di bombe, per raggiungere quell’altra “terra”, quella del benessere, dell’accoglienza, del lavoro chiamata Europa.
Per raggiungere quella “terra”, ci mettono anni se partono dalle parti più estreme dell’Africa, infiniti mesi per attraversare il deserto e poi trovarsi alle frontiere che si affacciano sul Mediterraneo, di fronte ad aguzzini e trafficanti. che offrono un posto per la “terra” sognata a 6/8.000 dollari, un “sogno” non sicuro. Se non hanno i soldi, o non ne hanno abbastanza seguono mesi di prigione, sevizie, ricatti alle famiglie. Chi ha la peggio sono le donne, seviziate, stuprate.
Un libro toccante, scritto insieme a Enza Malatino, psichiatra, che da molti anni a Lampedusa lavora nella Asl dell’isola.
Enza Malatino ha vissuto gli sbarchi, il sovraffollamento da parte dei migranti sull’isola, l’inquietudine degli abitanti nell’affrontare questa “occupazione”, l’incapacità dello stato a fronteggiare tutto questo.
Un giorno si pone una domanda, come potrei intervenire io in quanto psicoterapeuta ? Comincia così ad entrare nella vita dei migranti, a chiedere le loro storie, lo stato d’animo, ricevendo da tutti/e le medesime risposte: rabbia, spavento, impotenza, insonnia, stati d’ansia.
Nasce così in lei l’idea di organizzare gruppi di ascolto per le persone appena sbarcate, non sarà facile, lingua e cultura diversa. Il suo lavoro è stato difficile: guadagnarsi la fiducia di ognuno/a di loro, ascoltare i loro racconti familiari, l’abbandono delle loro terre, il viaggio, la disperazione:
Enza, intervistata da Angela Lanza, racconta come riesce a rompere il silenzio delle donne, parla di Fatha, di Isoke, del suo viaggio dalla Nigeria al “sogno”. Dei trafficanti di viaggi, e del giro di affari colossale, della tratta delle donne a cui lei è sfuggita, di donne che arrivano con bambine di poche mesi fra le braccia, che non guardavano e non accudivano, perché quelle bambine erano il frutto degli stupri nel loro lungo viaggio, come le avrebbero accolte i mariti?
Angela Lanza parla di verità che non si dicono, che non si sanno, che non si vogliono sapere, parla di leggi, di frontiere, della carta di Lampedusa, delle Città Vicine, dei guadagni dell’immigrazione, in modo semplice come solo una donna, che ha molto lavorato con/su se stessa, può fare.
Nella prefazione scrive: con questo libro non ho la pretesa di risolvere qualcosa. Un libro non può risolvere, può porre domande.
Durante la presentazione, molto partecipata, Mirella Clausi, Anna Di Salvo, Claudia Urzì e Giusi Milazzo hanno proposto letture diversificate del libro, sollecitando gli interventi dei presenti. Molto sentiti e appassionati, in particolare, quelli di Enza Venezia, Domenico Stimolo, Barbara Crivelli e Virginia Giuliano
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