Spazi ampi, paesaggio mozzafiato che spazia tra Etna e mare, parcheggi in abbondanza (senza bisogno di interrare e rubare le piazze ai cittadini), mai un problema per la fornitura di acqua, fognature a norma e collegate al depuratore, sottoservizi per acque nere e bianche, corrente elettrica, linea telefonica, gas, tutti indipendenti e accessibili alla manutenzione da apposite botole ben segnalate. E ancora, spazi verdi e piste ciclabili. Siamo a Catania? Di più, siamo a Librino.
Sì, nel ‘quartiere’ simbolo della delinquenza e del degrado non c’è solo il palazzo di cemento.
Ci sono anche spazi vivibili da fare invidia ai residenti del centro, ci sono famiglie di lavoratori onesti e brave persone desiderose solo di una vita tranquilla e condannate all’isolamento dalla mancanza di adeguati collegamenti non solo con il centro di Catania ma anche tra i vari nuclei di questa ‘città satellite’ di circa 70mila abitanti.
Castagnola, Bummacaro, Moncada, S.Teodoro, Grimaldi, Bonaventura, San Giorgio, Sant’Agata, ognuno di questi nuclei ha la sua fisionomia e la sua composizione, ognuno ha la sua storia e la sua evoluzione, purtroppo a volte ha subito una involuzione anche per l’abbandono crescente in cui è stato lasciato dalle amministrazioni cittadine.
Di recente sono stati sbloccati circa 13 milioni di finanziamenti del Piano nazionale per le città, di cui 4 milioni destinati alle ‘spine verdi’ del nucleo Moncada.
Spine verdi? Sì qualcosa in giro se ne sa, ma abbiamo voluto capire di più e andare di persona a vedere.
Le spine verdi sono state pensate, già nel progetto dell’architetto Kenzo Tange, per rendere possibile i collegamenti a piedi o in bicicletta tra le aree di Librino, soprattutto quelle servite solo dai grandi viali che consentono una circolazione fluida ma che -senza collegamenti pedonali e ciclabili- hanno quasi l’effetto di allontanare più che avvicinare, rendendo i residenti schiavi delle quattro ruote.
Oltre agli spostamenti, avrebbero consentito di dare vita ad iniziative commerciali e creato occasioni di incontro e di relazione.
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Liberi dalle auto, serviti da piste ciclabili, abbelliti dalla vegetazione e adeguatamente illuminati, sono contesti in cui sarebbe possibile passeggiare, accompagnare – a piedi- i bambini a scuola, frequentare le parrocchie e altri spazi sociali, ma anche comprare il pane e la frutta o tagliarsi i capelli nelle botteghe locali.
Tre le spine verdi previste, nei nuclei Castagnola, Bummacaro, Moncada, i più nuovi, quelli in cui è assente la viabilità secondaria, presente invece in altre zone, come San Giorgio o Sant’Agata. Anni adddietro sono stati fatti anche i primi passi per realizzarle.
Nel Castagnola è possibile anche oggi percorrere un sentiero tra il verde, riservato a pedoni e biciclette, pavimentato e in ottimo stato. Si arriva fino al cavalcavia che domina sulla vallata e permette di apprezzare il panorama, l’ampiezza dei viali, alcune delle masserie ristrutturate.
Per realizzare questa ‘spina verde’ sono stati spesi a suo tempo dei soldi pubblici, con il rischio -però- di buttarli via. Non completando l’opera e soprattutto non continuando il percorso fino a raggiungere il nucleo Bummacaro e poi il Moncada, l’idea stessa della ‘spina verde’ viene tradita e azzerate le ricadute positive.
Ce lo spiega Franco Torre, uno tra i primi abitanti del quartiere, che ne ha vissuto le speranze, le lotte, le delusioni.
Dopo la spina del Castagnola, ci accompagna a vedere quella di Bummacaro, in cui le opere primarie, già realizzate, sono sommerse dalla vegetazione che rende il percorso impraticabile.
“Che senso ha -ci dice- investire oggi nella spina verde di Moncada senza prima completare i lavori di quelle già iniziate? Si rischia di sprecare altri soldi pubblici senza avere nessun risultato. Il progetto dei percorsi pedonali e ciclabili ha senso solo se viene realizzato integralmente”.
Per completare le spine già avviate basterebbe un investimento relativamente modesto, ma -come si sente ripetere- i soldi non ci sono. Quelli destinati al Moncada, ormai finanziati, andranno invece a bando. Avremo, come teme Torre, un altro sperpero di risorse pubbliche?
Ma si aprono anche altri interrogativi. Se fosse possibile realizzare il progetto completo delle spine verdi, il quartiere ne avrebbe davvero il beneficio immaginato e sperato?
Indietro non si può tornare. La nascita di piccoli esercizi commerciali rionali, che avrebbe avuto un senso venti anni fa, è oggi resa problematica dalla concorrenza dei grandi centri commerciali. L’abitudine all’uso costante dell’automobile ha reso tutti più pigri, il timore -amplificato dai media- di fare brutti incontri e la mancanza di luoghi di socializzazione frequentati e vivaci induce molti a chiudersi in casa non appena fa buio.
L’alternativa è recarsi in centro perchè qui non c’è nemmeno un cinema e i punti di riferimento pensati per aggregare, da piazza dell’Elefante al teatro Moncada, sono in stato di abbandono.
La realizzazione delle spine verdi all’interno del quartiere, ammesso e non concesso che siano completate, potrebbe contrastare questa situazione?
Eppure gli spazi ampi, aperti e verdi, la funzionalità delle piste ciclabili, la bellezza del paesaggio possono ancora riservare a Librino la funzione di ‘parco cittadino’, da cui potrebbe nascere una nuova vita e una nuova immagine per la famigerata ‘città satellite’. Le potenzialità da sfruttare sono enormi, tali da fare impallidire quelle del ‘lungomare liberato’.
Purchè non arrivino le ‘valorizzazioni’ di privati famelici, interessati ad accaparrarsi la cosa pubblica.
Le “spine” sono spine anche se verdi, così come è spinosa la questione.
Ormai è chiaro che in mancanza di finanziamenti a sei cifre, non si muove nulla ed i nostri amministratori stanno bene attenti ad immaginare interventi minimi che non danno visibilità elettorale e che rischierebbero di “viziare” i cittadini facendo delle cose immediatamente utili..e se poi questi cominciano a pretendere di più?, che so magari una vera linea metropolitana di superficie senza aspettare secoli e miliardi di euro, o semplicemente una efficiente rete di Bus o servizi collettivi anche di svago? certo è che l’iniziativa degli abitanti sul campo di S.Teodoro e la realizzazione degli orti sociali ha avuto (solo ora ed a tavola imbandita) l’intervento della P.A. che mostrava il desiderio (e solo quello) di farli .
Catania è stata capace di commettere tre crimini sociali devastanti: S.Berillo, l’Antico Corso e Librino dove lo sforzo autonomo degli abitanti a ricostruire un embrione di società civile, spesso a proprie spese, è quello che rimane dell’arricchimento di una folta schiera di gentiluomini (cavalieri e fanti) che non solo hanno devastato, ma sono pure riusciti a goderne l’illecito frutto. altro che pubblico Decoro!
amministrazione comunale, svegliati!
Intanto si metterebbero in sicurezza queste aree del nostro quartiere, dove spesso incendi di vasta portata hanno coinvolto gli edifici circostanti mettendo in serio pericolo l’incolumità di chi li abita… e già questo di per sé, sarebbe un bel punto di partenza…. speriamo bene
Quello che dobbiamo capire noi abitanti di Librino è presto detto: una sana politica di pungolo critico ma costruttivo è determinante per la soluzione di tanti problemi del quartiere e della città. Per questo nessun amministratore deve sentirsi offeso se esortato a fare nel migliore dei modi il suo lavoro.