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"Assettiti Mohammad”, l’integrazione abita a Bicocca

Un esempio di integrazione perfetta? A Mazara del Vallo, a Riace, a Caulonia? No, all’Istituto Penale Minorile di Bicocca dove il sogno dell’armonia dei popoli di differenti culture e religioni pare finalmente realizzarsi.
Un laboratorio musicale proposto dall’associazione Baco da Seta, un finanziamento ministeriale, un concerto di giovani studenti del Consevatorio: questi gli ingredienti per il momento magico vissuto grazie a chi – la direttora Maria Randazzo e gli educatori dell’Istituto – ha creduto che 4 contrabbassi potessero essere apprezzati da ragazzi (catanesi, magrebini e sub sahariani) che non li avevano sicuramente mai ascoltati e probabilmente neppure visti .
Silenzio di tomba, grande attenzione, grande rispetto per la musica difficile e sconosciuta. Più di ogni altra cosa colpiscono le braccia dei ragazzi catanesi che cingono le spalle degli africani, le parole sussurrate all’orecchio con complicità e cameratismo, “Mohammed assettiti ccà”.

Poi comincia l’esibizione degli egiziani e dei sub sahariani: percussioni e bellissime nenie che il mediatore culturale Abdul, attento e sensibile come sempre, spiega essere l’equivalente dei nostri canti politici di protesta, di ribellione, di sudore e disperazione.
Bravi, bravissimi e i ragazzi applaudono, fischiano, chiamano il cantante per nome: il giovane egiziano accenna una danza araba molto simile alla danza del ventre e tutti gli altri ragazzi scendono dagli spalti del bellissimo campo di calcio per ballare insieme a lui danze sconosciute, assolutamente nuove per loro ma molto coinvolgenti mentre i tamburi continuano ossessivamente!
E’ una magia vederli e ancor più lo è vedere la Polizia Penitenziaria e il Comandante applaudire con entusiasmo.
Appaiono ormai lontani i tempi in cui i detenuti stranieri erano allontanati e rifiutati dai reclusi locali e quelli, ancora più lontani, in cui gli stranieri dovevano rimanere nel reparto di isolamento, perchè la loro incolumità fosse tutelata dalle aggressioni di chi proprio non li voleva.
Poi è iniziato un percorso, il progetto “L’integrazione possibile” gestito dal Centro Astalli, il ruolo costruttivo di Abdul, le esperienze di attività comuni, non ultima quella della cucina, con cibi dei vari paesi e assaggi dei piatti reciproci, via via sempre con meno diffidenza.
Ecco perchè adesso alcuni gesti hanno il sapore del miracolo. Come quando, durante il buffet finale, i ragazzi catanesi mettono in guardia gli islamici :”Talìa ca nall’arancina c’è ‘u maiali: nun tu manciari !”. E a chi suggerisce che, nelle cartocciate, basterebbe togliere il prosciutto, un ragazzo catanese spiega “no, oramai è ‘cuntaminata’, non sa po’ manciari cchiù!”
E intanto poliziotti e ragazzi ristretti bevono insieme, chiacchierano, scherzano. Anche tra loro una barriera è caduta.
Nel complesso una grande lezione, a cui forse -la prossima volta- bisognerebbe invitare Salvini…

Argo

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