Un racconto particolareggiato di questa trama del malaffare lo fa Antonio Mazzeo nel suo blog del 22 dicembre 2014 da noi linkato qui.
Al vertice era Vincenzo, “Enzo” Ercolano, figlio di Giuseppe,“uomo d’onore” ormai deceduto ma condannato per fatti di mafia e ampiamente citato da una lunga teoria di pentiti, nonché fratello minore di Aldo, condannato all’ergastolo, insieme a Benedetto Saltapaola, come mandante dell’omicidio del giornalista Giuseppe Fava.
Vincenzo Ercolano ha un vero e proprio impero: solo nel biennio 2010-2011, grazie ai lavori effettuati con “La Tenutella”, oggi denominata Centro Sicilia, nelle casse dell’impresa Co.P.P. S.r.l. sono confluiti ben 1.886.056 euro.
Da sempre gli Ercolano gestivano imprese di trasporti. Con Vincenzo è però avvenuto il salto di qualità, grazie alle cosiddette autostrade del mare. “Il connubio mafia-imprenditoria nel settore della logistica – così i magistrati catanesi – ha favorito lo sviluppo dell’attività economica, manifestandosi nella tendenziale monopolizzazione del mercato mediante il procacciamento dei clienti, grazie alla spendita, implicita o esplicita, del nome e della capacità di intimidazione dell’organizzazione mafiosa, nella costituzione di ampi consorzi funzionali alla monopolizzazione del mercato ed all’accentramento delle attività dirette alla percezione degli eco bonus”.
In tal modo -scrive Mazzeo- l’organizzazione mafiosa dei Santapaola-Ercolano ha guadagnato non solo sul noleggio delle unità navali, sul trasporto delle merci, sulle provvigioni per la vendita dei biglietti, ma anche speculando sulla differenza tra l’importo degli eco bonus corrisposti dalla Regione per ridurre congestione del traffico e inquinamento ed il prezzo inferiore pagato al vettore.
Secondo l’inchiesta Caronte, Ercolano, insieme all’allora rappresentante provinciale Vincenzo Aiello, avrebbero operato nei trasporti grazie a due noti imprenditori che hanno avuto secondo i Ros , “un ruolo centrale”: Giuseppe Scuto e Francesco Caruso (prima con Riela e poi con Santapaola-Ercolano) intestatario fittizio della società “Servizi Autostrade del mare”.
Ma Caruso e Scuto non si limitavano a questo; intrattenevano rapporti con politici come ad esempio Lombardo e Cristaudo (ascolta le intercettazioni). Fondarono anche un loro partito “al fine di preservare gli interessi di cui erano portatori in conto proprio ed altrui”, partito che si fuse alle europee del 2009 con l’MPA di Lombardo e la destra di Storace nel Polo dell’Autonomia.
Così da far ottenere al clan “benefici concreti nella pubblica amministrazione, di fruire di una corsia privilegiata per la liquidazione degli eco bonus e di utilizzare concretamente tale influenza con possibili partner commerciali”.
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Alcune domande sorgono spontanee : 1° Perché mai nei primi anni del 2000, il Ministro degli Interni non seppe della mafia che imperava nel porto di Catania e che vi impera ancora oggi? Sicuramente l’allora Ministro ed oggi Sindaco di Catania Enzo Bianco fu tenuto all’oscuro da chi aveva interesse a farlo e perfino a nascondergli il dossier in Commissione Parlamentare Antimafia dall’eloquente titolo “porto delle nebbie”; 2° perché mai un fedele amico di Enzo Bianco come Cosimo Indaco , privato trasportatore portuale ed al contempo pubblico gestore dello stesso porto in cui hanno lungamente spadroneggiato i trasportatori mafiosi , non ostacolò costoro e non li denunciò per i fatti di mafia connessi ? Sicuramente Indaco fu costretto a tacere forzatamente nel timore di doversi trasferire in altri porti o peggio, di perdere la vita . Non resta quindi che rassicurare il Sindaco Bianco ed il suo fedele trasportatore Indaco, che le mafie moderne sono talmente forti da non dovere uccidere nell’ arricchirsi senza rischio di galera. Ne è la triste conferma il nostro porto chiuso da oltre un ventennio alla città e che oggi programma e proclama vantaggi operativi per trasportatori agevolati da una abusiva “darsena” mercantile già costata allo Stato circa 100 milioni di Euro, di cui Bianco tace perché, se ne deduce, non sa nulla.