Non molti, eppure si tratta del Bastione più integro tra quelli della cinta muraria cinquecentesca di Catania, quella cosiddetta di Carlo V.
Si trova nel quartiere dell’Antico Corso ma non è visibile dall’esterno, anche perché circondato da costruzioni, alcune delle quali fatiscenti, mentre il cancello di ingresso è sempre chiuso.
In queste settimane è stato rimesso a nuovo ed è visitabile all’interno grazie all’iniziativa del Comitato popolare Antico Corso che lo ha candidato, assieme alla Delegazione catanese del Fondo Ambiente Italiano (FAI), per essere segnalato fra i ‘Luoghi del cuore’, piccoli e grandi tesori che si amano e si vorrebbero preservare e valorizzare.
Lo spiazzo racchiuso dal Bastione infatti è un contenitore vuoto incastonato nel cuore del centro storico della città: opportunamente strutturato, potrebbe essere utilizzato come spazio per spettacoli, proiezioni e appuntamenti all’aperto, soprattutto durante la bella stagione, in modo da renderne significativa una sua valorizzazione, in un quartiere, fra l’altro, che è povero di spazi di aggregazione di questo tipo.
In secondo luogo occorrerebbe inserire il Bastione all’interno di un’operazione di recupero più articolata, tesa ad integrare in un unico percorso gli altri frammenti di mura che permangono nelle vicinanze, come la contigua Torre del Vescovo, il tratto di mura nella curva di via Plebiscito, l’attiguo Bastione del Tindaro e, un po’ più distante, ciò che resta del Bastione di S. Giovanni (nei pressi della chiesa dei ss. Cosma e Damiano) e la porta del Fortino vecchio.
Il Bastione infatti è uno dei frammenti più significativi dell’antica cinta muraria che era stata costruita fin dall’epoca normanna per assumere la sua configurazione definitiva tra il 1541 e il 1556, durante il regno di Carlo V, appunto.
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Queste mura dunque non sono solo frammenti di archeologia medievale ma raccontano uno scorcio di storia della città, dalla metà del Cinquecento alla fine del Seicento, durante il quale essa era diventata un importante tassello del sistema difensivo dei confini dell’Impero.
L’eruzione del 1669 investì e distrusse buona parte delle mura nella parte nord e sud-occidentale della città e del successivo e costoso progetto di restauro solo una minima parte fu realizzata. L’intervento più significativo fu la costruzione, verso sud, di una nuova muraglia e di un Fortino con lo scopo di difendere la via di approvvigionamento del grano proveniente dalle zone della Piana. Si tratta del Fortino Vecchio, di cui ancora oggi resta visibile la porta di accesso, in via Sacchero.
Il piano urbanistico di ricostruzione, dopo il catastrofico terremoto del 1693, comportò di fatto il definitivo abbandono delle mura sia perché impedivano l’espandersi della città sia perché, con il diffondersi dell’uso dei cannoni, la loro utilità militare e difensiva era diventata praticamente nulla.
Se poi, tornando all’oggi, si aggiunge che non distante si trova il complesso del Monastero dei Benedettini, la chiesa monumentale di S. Nicola e l’ancora inutilizzata zona archeologica della
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Ottimo articolo che riesce a mettere in evidenza quanto, nel comitato, ci eravamo preposti dall’inizio della competizione.
Fare uscire dall’oblio un luogo dimenticato che, purtroppo, a Catania non è il solo. Portare l’attenzione su un aspetto “dimenticato” di questa città che ha avuto, sotto Augusto, il massimo riconoscimento; Catania, seconda a Roma per testimonianze dell’impero.
Quanti sanno queste banalissime cose e quanti sanno invece le più grandi menzogne: Catania sepolta dalle lave, rasa al suolo da terremoti infiniti. Quella Catania giace solo sepolta solo dalla polvere del tempo e dal cemento dei vari speculatori che sulla menzogna delle lave distruttive, hanno potuto cancellare gioielli che avrebbero dato lustro e ricchezza “rinnovabile” con la sola valorizzazione del patrimonio archeologico e storico. Ed ancora una volta chiamiamo alla responsabilità la massima carica cittadina che ebbe a dire di Catania e dei sui 28 secoli di storia (tanta quanto Roma) e più recentemente che ogni euro investito in cultura avrebbe prodotto un ritorno duraturo di quattro.
E’ su queste affermazioni che chiediamo coerenza ed un intervento che rimetta organicamente mano ad un progetto di riconnessione delle emergenze archeologiche ricostruendo, finalmente, una immagine della città che mostri ai cittadini ed ai visitatori il continuum storico che la ha attraversata. Uno dei punti di inizio può essere l’area del Bastione e della collina della Purità, gioiello di valore inestimabile ed ancora più sconosciuto del Bastione stesso.
Noi abbiamo messo le nostre risorse, la nostra passione, il nostro voler essere cittadini di questa terra ed essere orgogliosi della responsabilità che scaturisce da un passato storico che ci obbliga ad essere “civiltà”.
Salvatore Castro