Minori migranti soli: così l'accoglienza in Sicilia

Ad un mese dall’Intesa del 10 luglio 2014 tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, il Presidente della Regione Sicilia ha legiferato (DPRS 600 del 13 agosto 2014) sugli standard strutturali e organizzativi per l’accoglienza in Sicilia dei minori stranieri non accompagnati.
E’ certamente un passo avanti se consideriamo
la confusione che persiste anche fra gli addetti ai lavori circa le competenze dei Comuni sui minori stranieri non accompagnati, ma prima di analizzare il decreto – a cui dedicheremo a breve un altro articolo – è utile offrire un quadro della attuale situazione circa l’accoglienza che viene loro riservata.
Dopo l’identificazione e l’assistenza sanitaria di primo livello sul luogo dello sbarco – ad opera delle Forze di polizia e delle associazioni di volontariato (Emergency, Medici senza Frontiere, Save the Children, Croce Rossa) – i minori vengono collocati quasi tutti in strutture temporanee per l’accoglienza dove viene garantito un posto dove dormire, mangiare e – grazie quasi esclusivamente al volontariato – controlli sanitari e corsi di alfabetizzazione.
Il trasferimento avviene d’intesa tra il Servizio sociale del Comune luogo dello sbarco, la Prefettura, le Forze di polizia, la Capitaneria e i medici.
Apprendiamo di lodevoli esempi di impegno che vanno sicuramente oltre il dovere. Su “Il Venerdì” del 22/08/2014 si racconta di un capo gabinetto del Comune di Pozzallo che vive con passione questa esperienza di accoglienza.
A questo esempio di impegno si aggiunge quello – a carattere volontario – dei tutori nominati dal Giudice tutelare, su cui abbiamo già scritto (vedi ARGO), che spesso accompagnano il ragazzo non solo per la richiesta del permesso di soggiorno e per l’eventuale richiesta di protezione internazionale, ma si preoccupano anche della loro socializzazione, dei rapporti telefonici con i familiari rimasti nei loro Paesi e di altri bisogni che via via emergono.
L’affido al Servizio sociale con obbligo di inserimento in una comunità educativa per minori è il primo atto del Tribunale per i minorenni che interviene in virtù delle norme vigenti che non prevedono differenze di tutela dei minori presenti sul territorio nazionale, siano essi italiani o stranieri. Per ognuno di essi si chiede di predisporre un progetto socio educativo individualizzato e verificare l’eventuale presenza di familiari in Europa.
Se il minore viene inserito in una comunità per minori o in una struttura per richiedenti asilo (SPRAR su cui ARGO ha già parlato) è possibile che per lui si preveda un progetto socio educativo che per essere portato a termine abbia necessità di continuare oltre i 18 anni – ma non oltre i 21 – con disposizione del Tribunale per i minorenni.
La permanenza nelle strutture temporanee però si è via via allungata, sia perché l’afflusso sempre crescente ha saturato i posti disponibili nelle comunità per minori, sia per i tempi di attesa per la convocazione della Commissione che deve decidere sulla richiesta di protezione internazionale.
A ciò si aggiunge la convinzione errata di alcuni Comuni che ritengono i minori stranieri non di loro competenza e la non chiara definizione – a dire di molti – di chi debba farsi carico dei costi.
Se apriamo la pagina web del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali  troviamo i decreti per l’istituzione del Fondo destinato all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e i relativi modelli di domanda da parte dei Comuni. Nel 2012 sono stati stanziati 5 milioni di euro; 20 milioni nel 2013 e 30 milioni nel 2014. Somme che però non coprono che una quota parte (20 euro a persona pro die). Resta il problema della copertura della restante quota.
Allo stato attuale, la somma di 20 euro per ragazzo è quella che viene attribuita ai Centri di accoglienza temporanea; se invece il minore è collocato in una comunità educativa i costi sono di circa 45 euro al giorno per minore e l’onere residuo ricade sui Comuni e sulla Regione.
Nonostante la previsione delle quote del Fondo, sembra tuttavia che le strutture percepiscano delle somme con molto ritardo.
Stante questa situazione di incertezza economica i gestori di alcune strutture (centri di accoglienza temporanea, comunità educative, SPRAR) riducono al minimo gli sforzi e i costi:

  • gli operatori non sono pagati: alcuni sono stati assunti dai primi mesi di quest’anno a seguito di bando nazionale per l’attivazione degli SPRAR e non sono stati mai pagati; altri che lavorano nelle comunità con arretrati di stipendio di oltre un anno;
  • i servizi offerti ai minori ridotti al minimo: vitto, alloggio, un corso di alfabetizzazione interno alla struttura a carico degli stessi operatori che svolgono più funzioni, iscrizione ai corsi di alfabetizzazione nelle scuole medie pubbliche (se attivati), connessione a internet in struttura utilizzando i telefonini o qualche computer, paghetta di 10-15 euro a settimana, possibilità di uscire e girovagare in un agglomerato urbano, qualora la struttura non sia lontana chilometri dal centro abitato.

Come in tutte le realtà sono presenti, anche in questo ambito, strutture che meriterebbero solo di essere chiuse, perché accade che i minori rimangano senza alcun operatore presente, in balia di se stessi per quanto concerne la preparazione dei pasti e le pulizie dei locali, lontane dal centro abitato per diversi chilometri (come il CARA per gli adulti), senza alcuna assistenza che non sia un letto (a volte una brandina da mare con un sottile strato di gommapiuma) e un pasto sempre uguale a se stesso.
Strutture che sono state denunciate e che rimangono ancora aperte e ancora accolgono minori (nonostante decreti di immediato allontanamento disposti dal Tribunale per i minorenni). Evidentemente vi sono altre ragioni che prevalgono e forse la convinzione che bastino un tetto e un piatto di pasta. In fondo -direbbe qualcuno- che vogliono???
Ovviamente sono presenti sul territorio siciliano anche strutture che si distinguono per professionalità e capacità di offerta di servizi, nonostante le criticità dei finanziamenti. Sono presenti – non solo sulla carta – psicologi che sostengono concretamente il minore per elaborare il vissuto spesso drammatico del viaggio, assistenti sociali che individuano risorse sul territorio per l’integrazione educativa e lavorativa (grazie a progetti finanziati con fondi europei), educatori che non si preoccupano solo della convivenza pacifica ma si attivano con laboratori utili all’apprendimento di competenze e con iniziative che coinvolgono anche minori italiani per una piena socializzazione e integrazione sul territorio.
Ma è questo quello che i minori stranieri non accompagnati cercano? A breve ci occuperemo dei progetti dei minori che arrivano in Italia e del recente decreto che disciplina l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati in Sicilia.

Argo

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