Questo reportage rientra nel più ampio progetto dell’Associazione sull’archeologia industriale e “sociale”.
Il lavoro di documentazione sulle ex-miniere, durato circa tre mesi, è nato quasi per caso: una visita al parco minerario di Floristella, scoperto casualmente curiosando su internet, aprì alle fotografe un mondo a loro completamente sconosciuto e le spinse a visitare le altre miniere della zona: Trabonella, Juncio- Tumminelli, Saponaro, La Grasta, Giffarò, Gessolungo, Trabia-Tallarita.
Siti completamente abbandonati, alcuni dei quali si potrebbero recuperare a fini turistici, con un’operazione simile a quella fatta per il parco di Floristella.
A catturare l’attenzione delle giovani reporter è la storia dei “carusi”, ragazzi che lavoravano in miniera in subappalto ai picconieri affiancandoli nel loro massacrante lavoro. Erano i genitori stessi dei bambini, infatti, a causa delle precarie condizioni economiche della famiglia, a chiedere che i propri figli potessero lavorare nelle miniere.
Per rendere comprensibili queste condizioni di lavoro, le fotografe hanno chiesto a qualche amico e ai rispettivi figli di fare da “modelli”, in modo da ricostruire l’ambiente dell’epoca. In questo modo le miniere abbandonate sembrano riprendere vita, ripopolandosi di lavoratori, anche se solo per qualche minuto.
A completare il quadro le immagini del Cimitero dei Carusi, costruito nei pressi della miniera di Gessolungo in memoria della tragedia consumatasi nell’omonima miniera nel 1881, dove morirono 132 lavoratori (19 dei quali minorenni) a causa di un incendio dell’intera “solfara” determinato dal gas grisoù, la cui presenza all’interno della miniera ne costituiva uno dei rischi maggiori.
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