Cavagrande. Il nome evoca un
“Sono foto che raccontano la
nostra ossessione per le fabbriche abbandonate e gli scenari industriali decadenti.- dicono – Una serie di scatti dedicati alle fabbriche abbandonate, agli edifici industriali dismessi e ai monumenti di archeologia industriale che hanno in sé il fascino della decadenza, della rovina e della morte.
Siamo sempre state affascinate dalla rovina; le fabbriche sono enormi mostri abbandonati, architetture industriali dismesse o distrutte. Nessun essere umano abita queste vedute, che perciò sono più che mai silenziose e malinconiche, finestre dai vetri infranti, pareti crepate e vecchi macchinari: il senso di desolazione qui è estremo. Fabbriche come cattedrali, dunque, come ricordi di un’epoca in decadenza, come rifugi, come luoghi della memoria, del pensiero, e della solitudine”.
La scelta di costruirla, nel 1908, in questa località fu determinata dalla possibilità di sfruttare le notevoli portate idriche del sistema fluviale del Cassibile, utilizzate in precedenza per l’agricoltura del territorio. A valle della presa di derivazione Enel l’alveo del fiume non rimanva comunque a secco grazie alle diffuse sorgenti che rimpinguano via via, oggi come allora, il corso d’acqua.
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