C’è un sito per non dimenticare. Si chiama Casamemoria Vittimemafia e ci ricorda le vittime della mafia. Un’opera meritoria in un’epoca superficiale e distratta.
Ieri ci ha fatto ricordare, con un filmato che vi riproponiamo, due morti innocenti, Michele Ciminnisi e Vincenzo Romano, uccisi perchè si trovavano nel momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Il giorno era il 29 settembre del 1981; il luogo, il bar di San Giovanni Gemini (Agrigento) in cui tre killer erano entrati per uccidere Calogero “Gigino” Pizzuto, noto uomo di mafia, che doveva essere eliminato per volere del clan vincente, quello dei Corleonesi.
Siamo appunto nell’81, anno cruciale della guerra di mafia che contrappose il gruppo dei corleonesi di Riina e Provenzano al gruppo di Bontade (ucciso appena un mese prima) e Inzerillo, di cui Pizzuto faceva parte.
Siamo anche al confine tra tre province, Palermo, Agrigento, Caltanissetta, una zona di grandi scontri ma anche di grandi alleanze, e Pizzuto doveva essere ucciso non solo per eliminare un avversario ma anche per rafforzare un alleato.
Nonostante le tempestive indagini dei Carabinieri, dirette nella giusta direzione, nonostante le dichiarazioni di Buscetta e Mannoia su chi fossero i mandanti dell’agguato, nel 1991 il procedimento fu archiviato. Mancavano infatti i nomi degli esecutori materiali della strage.
Come dice nel corso del filmato l’avvocato Danilo Giracello, la giurisprudenza non era allora matura per dare valore al cosiddetto ‘teorema Buscetta‘, secondo cui nessun soggetto appartenente ai vertici della mafia poteva essere eliminato senza il volere della ‘commissiome’, la ‘cupola’ di Cosa Nostra.
Chi non si rassegnò fu soprattutto il figlio di Ciminnisi, Giuseppe, divenuto poi vice presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia.
Aveva 14 anni quando il padre fu ucciso. Incoraggiato anche da un incontro con Falcone, che lo esortò a proseguire nella sua ricerca, e seguendo le piste delle dichiarazioni di alcuni pentiti rivelate dai giornali, ha continuato a battersi perchè fosse fatta giustizia.
Dopo quasi trenta anni, nel dicembre 2010 si è arrivati alla sentenza di condanna per i boss mafiosi Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.
Guarda il cortometraggio di Fabio Fabiano
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