Un’altra azienda confiscata alla mafia ischia oggi la liquidazione e potrebbe aggiungersi presto a quel 90% di aziende confiscate già sparite dal mercato.
E’ la La.Ra s.r.l, una delle società del gruppo facente capo a Carmelo La Mastra, con sede a Motta S. Anastasia, posta sotto sequestro nel 1998 e definitivamente confiscata nel 2000. Si occupa di progettazione, messa in opera, manutenzione e assistenza tecnica di impianti di varia natura. Un settore in cui la crisi dovrebbe sentirsi in modo meno stringente.
Adesso è -a tutti gli effetti- una ‘impresa dello Stato’, gestita dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati, anzi per essere precisi dalla ‘Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata’ (ANBSC).
Nei 16 anni intercorsi a partire dal sequestro, l’azienda ha continuato a lavorare mantenendo in attivo i propri bilanci e contribuendo a sostenere anche un’altra società che gestiva beni confiscati, la Ulivi srl, assumendone il personale per fronteggiare i lavori di un appalto vinto a Sigonella.
Oggi però si trova sull’orlo del baratro.
Degli originari 75 dipendenti ne sono rimasti 49, da gennaio a giugno 2014 ne sono stati messi in cassa integrazione 12, e altri venti stanno per essere licenziati. L’unica possibilità per evitare questi licenziamenti è adottare un ‘contratto di solidarietà‘, un accordo aziendale che comporta -per tutti- la riduzione dell’orario di lavoro (e quindi del salario) in modo da evitare espulsione di personale.
Per applicarlo l’azienda ha chiesto, in data 15 giugno, una autorizzazione urgentissima all’Agenzia, ma non ha ancora ricevuto risposta. Eppure la situazione è drammatica e ogni giorno di ritardo comporta un aggravio di perdita di circa 10mila euro.
La vicenda La.Ra
Sono stati gli appalti di Sigonella a garantire in questi anni la sopravvivenza dell’azienda, avendo la base americana, dopo il sequestro e la confisca, confermato l’affidamento alla La.Ra di commesse per lavori, soprattutto di manutenzione, in precedenza svolti sotto la titolarità di Carmelo La Mastra, poi condannato per associazione di tipo mafioso e per illecita concorrenza con minaccia o violenza (artt. 416 bis e 513 bis del codice penale).
Scriveva nel 2010 Antonio Mazzeo
“Negli anni ’90 la La.Ra. ha operato in regime semi-monopolista nella prestazione e gestione di numerosi servizi all’interno della base di Sigonella. I contratti del Dipartimento della difesa sono arrivati anche dopo la tempesta giudiziaria e nel periodo compreso tra il 2002 e il 2008 la La.Ra. ha ricevuto da Washington 6 milioni e 355mila dollari per l’esecuzione di opere, studi geotecnici, servizi di manutenzione e riparazione”, entrando nel 2009 in una ATI con la Gemmo spa di Vicenza e la statunitense Del-Jec Inc., denominata “Team Bos Sigonella”, che si è aggiudicata una commessa di 16 milioni di dollari”.
Adesso però gli appalti di Sigonella sono in fase di chiusura e nessuna nuova possibilità di prospetta all’orizzonte. L’azienda ha partecipato ad alcuni bandi locali ma senza grande successo e comunque con poco ritorno economico.
Viste le difficoltà e il crescente rischio di fallimento, i lavoratori, consapevoli di possedere un know how, un patrimonio professionale e una dotazione strumentale facilmente spendibili, si sono dati da fare per realizzare un progetto appetibile e finanziabile che assicurasse alla ditta la sopravvivenza e, nello stesso tempo, offrisse alla collettività una struttura utile.
Il progetto Polo Sportivo Green Energy
E’ nato così il progetto di un “Polo Sportivo Green Energy”, che qui pubblichiamo in link: una piscina coperta, con annessi locali per uso terapeutico e fisioterapico, il cui fabbisogno energetico fosse soddisfatto da un impianto fotovoltaico in grado di produrre anche energia aggiuntiva da immettere in rete.
Nel progetto, completo di modalità di finanziamento e di tempi di attuazione, si prevedeva che il Polo potesse diventare anche un centro di aggregazione sociale e di organizzazione di eventi culturali, una struttura capace di soddisfare “le crescenti esigenze di famiglie, scuole, asili, anziani e disabili”.
L‘impianto fotovoltaico ‘totalmente integrato’ ne avrebbe costituito il fiore all’occhiello e avrebbe permesso, se attuato entro il 31 dicembre 2010, di ottenere ricavi dalla produzione di energia utilizzando la normativa allora in vigore.
L’area individuata era quella limitrofa all’immobile dove ha sede la società, un terreno agricolo anch’esso confiscato e assegnato al Comune di Motta S. Anastasia ma non ancora ‘destinato’. Ne avrebbero ricavato vantaggi la comunità cittadina e naturalmente la La.Ra che si riservava, oltre alla costruzione, anche la manutenzione della struttura.
Positiva la reazione dell’Agenzia che revocava i precedenti provvedimenti con i quali il terreno era stato trasferito al Comune di Motta per essere assegnato a cooperative sociali, e metteva a disposizione della La.Ra il “cespite in parola, al fine di garantire la continuazione dell’attività produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali”.
Ma qualcosa è andato storto. In particolare si è levata la protesta dell’allora sindaco di Motta che chiedeva e otteneva dall’Agenzia una … revoca della revoca. Il terreno, sosteneva Angelo Giuffrida, è un bene assegnato al Comune e la struttura sportiva, se mai si farà, verrà realizzata dal Comune.
C’era già un progetto analogo in preparazione? Qualcuno era entrato in possesso del progetto La.Ra e voleva realizzarlo a vantaggio di altri soggetti economici? C’è stato un intervento esterno per ostacolare le possibilità di sopravvivenza della La.Ra?
Difficile, forse impossibile rispondere a questi interrogativi. Nel caso specifico al sindaco è riuscita la parte destruens ma il ‘suo’ ventilato progetto alternativo non è stato nemmeno avviato. Il fondo è rimasto incolto e abbandonato e, alle elezioni di maggio 2014, Giuffrida non è stato confermato sindaco. Una magra soddisfazione per la La.Ra che ha comunque perso una grossa opportunità.
Domani completeremo l’inchiesta inquadrando il caso della La.Ra all’interno del problematico funzionamento dell’Agenzia per i beni confiscati.
Molte societa’ catanesi rischiano la liquidaione anche sena “l’aiuto” della mafia perche’ non prendono il lavoro sul serio.
Lo sto vedendo con i miei occhi. Oggi ho provato a chiamare una nota compagnia turistica di autobus non hanno mai risposto al telefono e siamo a Luglio in piena stagione turistica. Poi ci sono ritardi, intoppi personale che se ne frega….sembra il terzo mondo….
Se capisco bene, trattandosi di un’azienda con competenze impiantistiche (progetti ma anche messa in opera e manutenzione), potrebbe essere utilizzata da Regione, Comuni, Aziende sanitarie, per lavori che comunque vanno fatti e si fanno in continuazione. Perchè questo non avviene? Sono i sindaci, sono i dirigenti a remare contro perchè vogliono favorire altre ditte? O ci sono altri meccanismi che mi sfuggono?
Le aziende confiscate fanno parte di una burocrazia molto più complessa di quel che sembra: difficoltà a presentare in tempo utile i bilanci, difficoltà a partecipare a gare d’appalto di vario genere perchè, essendo confiscate, le banche non si espongono molto (ad esempio per la concessione di fideiussioni, ecc). se a questo si aggiunge che, sempre perchè si tratta di un’azienda confiscata alla mafia, non è possibile fare i noti “giochetti” che spesso sono determinanti per vincere le gare d’appalto (e mi fermo qua.)
Carissima “Dea Sicula”,
Vorrei risponderti con molte parole, ma credo sia addirittura inutile. Mi limito semplicemente a farti osservare che l’articolo in questione parla di affari SERI (TI RENDI CONTO CHE ENTRO POCHI MESI ALMENO 50 FAMIGLIE NON AVRANNO DI CHè MANGIARE SULLE PROPRIE TAVOLE?), il tuo intervento è intriso di pregiudizi senza fondamento alcuno.
Cordialmente,
una siciliana che, come la stragrande maggioranza, lavora tutto il giorno, tutti i giorni.
Mi e’ sembrato di capire dall’articolo (forse mi sbaglio) che la chiusura di questa societa’ era dovuta al fatto che i contratti con la base sono finiti. La base di Sigonella per questa compagnia rappresentava la maggioranza delle loro revenues.
E’ quindi normale che quando hanno perso il piu’ grande cliente la societa ha perso la loro fonte di guadagno. Sarebbe successo a qualsiasi compagnia in Sicilia o all’estero. Questa e’ la natura del business.
Per il commento di Siciliana. Si dispiace molto che 50 persone hanno perso il loro lavoro soprattutto in luce del fatto che non c’e’ lavoro da nessuna parte. Ma a volte si chiude una porta e si apre un portone. Forse qualcuna di queste persone diventera’ unimprenditore o avra un’idea di successo e aprira’ la sua compagnia.
Per il fatto che la stragrande parte dei siciliani lavora duro non lo metto in dubbio. Pero’ e’ il modo in cui si lavora e’ inefficiente e menefreghista e manca un buon management di base. Il problema centrale dell’economia siciliana e’ il management delle risorse.
[…] Abbiamo provato a capirne di più incontrando diverse volte i lavoratori della La.Ra. s.r.l., un’azienda confiscata alla mafia nel 2000. Un’azienda che si occupa di progettazione e manutenzione di impianti di diverso tipo. Dopo […]
Un ‘altro esempio di incapacità produttiviva di lavoratori che si cullano del fatto che i lavori arrivino da raccomandazioni ed amicizie. Se il gruppo stato incapace di rimanere sul mercato deve chiudere. Sicuramente non è stata colpa dellAgenzia dei beni confiscati, ma sono stati i costi del l’incapacità.