Vedere il 17 luglio, in piene vacanze scolastiche, a Catania, decine e decine di docenti e ATA (Ausiliari tecnici amministrativi) discutere sul loro futuro e su quello dall’istruzione pubblica, prova quanto malcontento e quanta preoccupazione sia presente oggi nel mondo della scuola.
Non stupisce, però, il fatto che di fronte alle numerose indiscrezioni diffuse in quest’ultimo periodo (36 ore settimanali di lavoro, riduzione di un anno della scuola secondaria superiore di secondo grado, introduzione di differenziazioni degli stipendi a parità di mansione, nessuna speranza di inserimento a tempo indeterminato per le centinaia di migliaia di lavoratori precari) in così tanti abbiano risposto all’appello dei Cobas Scuola di Catania.
Nino De Cristofaro, docente del Liceo Boggio Lera, nella relazione introduttiva, ha innanzitutto sottolineato la necessità di rimettere in discussione i ‘luoghi comuni’ sinora utilizzati (da tutti i governi succedutisi negli ultimi venti anni!) per screditare il lavoro e stravolgere la funzione che la Costituzione assegna alla scuola.
Da un lato, imbrogliando sui dati, si è sostenuto che i docenti italiani lavorano meno rispetto alla media europea, il che non è vero; mentre, dall’altro, si è taciuto sull’unico dato oggettivo: i lavoratori della scuola in Italia guadagnano molto meno rispetto agli altri paesi d’Europa e il loro ultimo contratto risale al 2009. Un aumento di 300 euro per tutti servirebbe, perciò, a recuperare il potere di acquisto perduto in questi ultimi anni.
Due le direttrici che anche questo governo sembra riproporre: risparmiare e valutare.
I tagli sulla scuola (che, ricordiamo, è un diritto, non un servizio) sinora hanno determinato: aumento del numero degli alunni nelle classi, diminuzione delle ore di lezione, ulteriori difficoltà per gli allievi diversamente abili, riduzione del personale, ulteriori precarizzazioni dei rapporti di lavoro. In sostanza, un evidente peggioramento della cosiddetta offerta scolastica.
Lo strumento della valutazione (necessario per migliorare il funzionamento di qualsiasi sistema) è stato ‘deformato’ e trasformato in ‘mezzo’ per esaltare un’assurda competitività finalizzata, contrariamente a quanto indicherebbe il semplice buon senso prima ancora di ogni elementare riflessione pedagogica, a premiare chi va già meglio.
In quest’ottica la scuola contribuirebbe ad approfondire le già inaccettabili differenziazioni sociali.
Se si vuole bloccare tutto questo, ha proseguito il relatore, occorre uno sforzo capace di unire chi lavora nella formazione con tutti quei cittadini che non vogliono rinunciare alla funzione sociale della scuola e pretendono una vera riforma.
Dentro la scuola bisogna, innanzitutto, dare stabilità a tutti quei lavoratori precari che, ogni anno, vengono assunti a tempo determinato. Decine di migliaia (forse centinaia) di cattedre sono affidate a ‘supplenti’ mentre il lavoro dovrebbe essere svolto da assunti a tempo indeterminato, visto che i posti ci sono (su questo, purtroppo non si fa valere ciò che “dice l’Europa”: dopo tre anni non si può riproporre lo stesso incarico ‘precario’).
Il medesimo ragionamento dovrebbe valere per il personale ATA.
Sempre dentro la scuola, occorre praticare una visione cooperativa del lavoro scolastico e rilanciare democrazia e partecipazione, attraverso una rivitalizzazione degli Organi Collegiali e l’elettività del preside, oggi dirigente scolastico.
All’esterno ci si deve riappropriare dell’idea che la scuola è un bene comune, che dal suo funzionamento dipendono le prospettive dell’intera società, che senza la formazione di cittadini critici e autonomi ogni sistema è destinato al declino.
Una scuola realmente aperta e connessa con il sociale è, infatti, la prima garanzia perché possano crescere esperienze di democrazia partecipata, tanto più necessarie in un periodo nel quale (basta guardare i dati dell’astensionismo elettorale) il distacco fra ‘paese legale’ e ‘paese reale’ sembra accentuarsi inesorabilmente.
Perché queste riflessioni, condivise e approfondite dai tanti interventi dei presenti, possano stimolare un confronto più ampio, il 24 e il 29 luglio saranno organizzati nel centro Città momenti informativi e, all’inizio del nuovo anno scolastico, verranno promosse assemblee e dibattiti per individuare le forme di lotta e di mobilitazione più utili per ottenere una radicale inversione delle attuali politiche scolastiche.
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A parte il fatto che la scuola non si sta tenendo al passo con i tempi dal punto di vista del curriculum; non sta creando dei cittadini coscienziosi, capaci si pensare con ottimismo, intraprendenza e spirito critico.
Mi piacerebbe saper in quante lezioni si parla del problema dei rifiuti a Catania, tipo prevenzione dirifiuti non bio-degradabili, riciclaggio, etica etc.