Aiuti, più o meno ufficiali, durante le prove scritte. Percorsi individuali (la cosiddetta tesina interdisciplinare) che – nella maggior parte dei casi – non possiedono nulla di originale. Rapporto poco cosruttivo fra commissari interni (che vorrebbero sostanzialmente confermati i risultati dello scrutinio finale) e commissari esterni: quando gli esterni conformano il loro giudizio a quanto deliberato dal consiglio di classe, si va d’amore e d’accordo; quando mettono in evidenza difficoltà e defaillances degli esaminandi (che mai i propri alunni avrebbero mostrato!), il clima diventa difficile.
Per carità di patria, evitiamo, infine, di parlare di ‘segnalazioni’ e condizionamenti. Vista la composizione locale delle commissioni e il ‘rigore’ diffuso nel Paese, sarebbe strano che non ci fossero.
L’odierno esame di stato, in sostanza, appare, quasi unanimemente, un rito inutile.
Un tempo si chiamava esame di maturità, tutti lo ricordavano in maniera speciale, sia quelli che “avevano dato tutte le materie”, sia quelli ‘salvati’ dalla riforma post ’68 (due scritti e due materie orali). Oggi è diventato esame di stato, 3 scritti e un colloquio su tutto ciò che si è studiato nell’ultimo anno. Si inizia con la famosa e/o famigerata ‘tesina’.
Non si tratta, però, solo di un cambiamento del nome e della modalità della prova. La formula attuale prevede un presidente, 3 commissari interni e altrettanti esterni. La Commissione, quasi sempre formata da docenti della stessa provincia, può attribuire, sommando tutte le prove, 75 punti e dispone, inoltre, di un bonus sino a un massimo di altri 5 punti. Il percorso scolastico compiuto dall’allievo nel corso del triennio conclusivo può essere valutato, al massimo, 25 punti. Gli alunni più bravi sono quelli che conseguono 100 e lode, 60 è il voto minimo per essere promossi.
Teoricamente, è una formula che potrebbe funzionare, di fatto siamo di fronte a un sostanziale fallimento. Durante gli scritti, come si è detto, la pratica ‘dell’aiutino’ è capillarmente diffusa, sia nelle prove di indirizzo, che nella cosiddetta terza prova. Per verificarlo basta confrontare le (quasi sempre) generose valutazioni delle prove d’esame con i voti ottenuti (stessi alunni e stessi docenti, parliamo, ovviamente, degli interni) durante l’anno.
Le domande su tutte le materie sono quasi sempre generiche e ripetitive. Anche i docenti più seri, infatti, sanno bene che, scavando in profondità, quasi nessun alunno si potrebbe salvare dall’errore. In sostanza, siamo di fronte ad una modalità che sembra essere stata pensata per mettere in rilievo gli aspetti più critici del fare scuola: dalla competizione fra gli educatori alla rinuncia di una ricerca critica e personale.
Ma si potrebbe anche pensare, se volessimo essere un po’ ‘maligni’, che chi ha progettato un tale meccanismo volesse esasperare tutti i protagonisti per raggiungere l’obiettivo dell’eliminazione dell’esame finale, ottenendo, così, la conseguente abolizione del valore legale del titolo di studio. Operazione, peraltro, in parte riuscita.
Peccato che percorrendo sino in fondo una tale strada ci si allontanerebbe definitivamente dallo spirito e dalla lettera della nostra Costituzione. Da anni, senza soluzione di continuità fra i tanti governi che si sono succeduti, non c’è stata alcuna riflessione sul senso del fare scuola, nessuna ricerca sui principi educativi e sui problemi della contemporaneità.
Tutti, sì tutti, gli esecutivi si sono contraddistinti per aver tagliato risorse (umane ed economiche) e opportunità, sempre, ovviamente, annunciando la realizzazione di epocali ‘riforme’. I dati drammatici sono sotto gli occhi di tutti.
Se, al contrario, si riuscisse a ridare dignità all’esame finale, una tale novità, probabilmente, inciderebbe positivamente sull’intero percorso della scuola secondaria superiore di secondo grado.
Perché, allora, non provare a ragionare
- su un cambiamento della composizione delle Commissioni di esame, ampliando la presenza dei membri esterni
- su una rotazione nazionale dei docenti nelle diverse commissioni, come si faceva un tempo
- sulla possibilità di permettere a tutti gli studenti, durante le prove scritte, di consultare materiali utili per produrre elaborati in grado di dimostrare competenze e capacità critiche raggiunte, a partire dall’uso coerente e intelligente degli stessi materiali
- sulla riduzione delle materie oggetto della prova orale, così da garantire un livello di conoscenze approfondito. Ovviamente, tali materie dovrebbero essere individuate dopo la fine della scuola, per far sì che gli allievi studino, sino alla fine, tutte le discipline
- su una diversa proporzione fra il valore del percorso scolastico del triennio finale e quello dell’esame.
Da qualche parte bisognerà pur cominciare, se si è consapevoli che solo un vero cambiamento eviterà quel lento declino del sistema formativo che, di anno in anno, sembra procedere inesorabilmente.
Si dovrebbe cominciare dall’abolire questo tipo di esame che e’ diventata puramente una formalita’ e rimboccarsi le maniche a insegnare agli studenti le materie necessarie per diventare i futuri managers, cittadini e lavoratori.
A Catania si soffre di cattivo management, dalla posta agli aereoporti i servizi sono sub-standard. Questo non e’ dovuto sempre agli impiegati ma invece al management scadente degli uffici. Si deve insegnare agli studenti a risolvere problemi e a pensare in maniera critica e innovativa e non a creare dei pecoroni (cioe’ a ripetere a memoria date e fatti che poi uno si scorda appena ha passato l’esame).
Si devono anche insegnare materie come etica e nutrizione (noto le forme non certo sinuose dei miei concittadini inclusi i bambini – una grande vergogna!), difesa dell’ambiente (che e’ la piaga di Catania) e materie come il computer science. Per il computer science e’ importante impegnarsi a fare progetti che sono attuali come per esempio scrivere programmi di tablet in modo che gli studenti possano entusiasmarsi.
E poi dovrebbe augmentare la scuola con programmi extra-curriculari di musica e di educazione fisica.
La scuola deve cambiare e deve stare a passo con i tempi solo in questo modo possiamo fare dei cambiamenti nella direzione giusta.