L’analfabetismo religioso in un’Italia che sta cambiando

In prima battuta, a solleticare la curiosità del lettore sono i dati che documentano l’ignoranza dei contenuti della propria religione cattolica, che pure l’86% della popolazione italiana dichiara ancora di professare. Uno per tutti: il 70% degli italiani non ha mai letto individualmente la Bibbia.
Ma, pur trattandone, non è questo l’oggetto proprio del volume Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, edito da Il Mulino e curato da Alberto Melloni, presentato nei giorni scorsi a Catania, nel salone dell’Arcivescovado.
In questo senso, anzi, il titolo scelto appare un po’ ingannevole perché resta molto sullo sfondo la riflessione sulla contraddizione fra un paese nominalmente cattolico e la constatazione di un diffuso analfabetismo religioso. Il volume non si occupa prioritariamente di analizzare lo scollamento, peraltro sempre più evidente, tra la dichiarazione di appartenenza e la consapevolezza che ne dovrebbe conseguire. Il suo punto di osservazione, insomma, non è quello pastorale o spirituale.
L’insieme dei saggi che lo compongono hanno, invece, un taglio prevalentemente culturale, sociologico e giuridico e, nel descrivere il fenomeno più generale dell’analfabetismo religioso, vogliono sottolineare che l’urgenza principale è data dai problemi che esso crea in una società ormai religiosamente plurale.
Da quest’ultimo punto di vista, assumono, a nostro parere, un’importanza centrale i dati contenuti nel saggio di E. Pace, Una società a monopolio cattolico davanti all’inatteso pluralismo religioso (pp. 111-140), che, utilizzando i dati di una ricerca conclusasi nel 2012, disegna per la prima volta una mappa non approssimata della nuova geografia socio-religiosa che si va delineando in Italia.
Il primo indizio da cui bisogna partire è che in Italia sono presenti immigrati di ben 189 diverse nazionalità.
Il secondo indizio concreto da seguire è dato dai luoghi di culto. La ricerca ne registra poco meno di 2000 e aiuta a mettere a fuoco una seconda osservazione: gli immigrati non stanno importando solo religioni non cristiane (Islam, Induisti, Sikh, Buddhisti, ecc.) ma stanno articolando diversamente lo stesso campo delle religioni di matrice cristiana, dove, accanto alle tradizionali minoranze valdesi, metodiste, battiste e luterane, stanno crescendo vistosamente le presenze delle chiese ortodosse e di quelle pentecostali sia storiche che di nuova formazione.
Questo fenomeno riguarda tutta l’Italia anche se, naturalmente, le diverse comunità sono presenti, a livello regionale, in modo molto differenziato.
E’ all’interno di questo quadro, in rapido e progressivo mutamento, che viene posta come drammatica la questione del ‘deficit di conoscenze religiose’ (p. 17). Quando “la differenza di religione abita la porta accanto, il mercato di quartiere, una corsia di ospedale, un istituto penitenziario, le aule scolastiche, i servizi sociali e così via” (p. 116), non possedere gli elementi basilari per “comprendere le regole, i riti, le dottrine, i costumi dei fedeli delle ‘nuove’ religioni” che sono ormai una realtà in via di consolidamento rischia di diventare fonte di conflitto sociale nel quotidiano. E di creare difficoltà e ostacoli insormontabili a livello di attività legislativa.
Che cosa è, infatti, l’analfabetismo religioso? E’ la mancanza di strumenti per la conoscenza di un’esperienza di fede. A chi attribuire la responsabilità di questa situazione? Le risposte possono essere diverse e non necessariamente alternative tra di loro: la famiglia, che trova più comodo delegare la sua parte alla parrocchia o alla scuola; la scuola pubblica, nella quale lo Stato si limita a delegare alle autorità religiose questa incombenza, senza esercitare alcun controllo né sui contenuti né sulla formazione degli insegnanti; le stesse comunità religiose, le cui attività sono spesso ridotte al formalismo dei contenuti della catechesi e all’estemporaneità della predicazione; al mondo dell’informazione, spesso connotato da improvvisazione e superficialità.
D’altra parte, in una situazione di persistente monopolio cattolico, sia pure sempre più di facciata, è lo stesso cattolicesimo che rischia di vedere assottigliato il proprio spessore di esperienza religiosa per essere decodificato a fattore prevalentemente culturale e identitario, non di rado strumentalizzato da quei politici che sono stati definiti ‘imprenditori della paura’.
A nostro modo di vedere, invece, una corretta alfabetizzazione religiosa, in primo luogo un approccio più serio e sistematico alla Bibbia, aiuterebbe lo stesso mondo cattolico non solo a capire meglio chi professa una religione diversa e a non averne paura ma anche a dar conto più seriamente della propria fede, per rendere possibile una convivenza fondata non sulla tolleranza ma sul confronto fecondo e rispettoso.
In questo senso le tante esperienze di dialogo interreligioso ‘dal basso’, che sono in atto in ambiti così diversi – dalla realtà dei forum e delle consulte a quelle che si realizzano in alcune scuole e in qualche ospedale (meno nelle carceri) – appaiono come piccoli ma incoraggianti segni di un futuro possibile.

Argo

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  • Grazie per avermi dato la possibilità di conoscere questa pubblicazione. E Tante grazie per i servizi, che pubblica questo Giornale, sempre puntuali, completi, stimolanti ed obiettivi.
    Ma quante volte la cosiddetta STAMPA ci informa così puntualmente? Ad esempio, diffondere su vastissima scala questa pubblicazione sull'ANALFABETISMO RELIGIOSO IN ITALIA, sarebbe veramente "cosa buona e giusta", soprattutto utile ai credenti (fondamentalisti) ai cosiddetti atei ed ai miscredenti. Insomma a tutti quanti quelli che non comprendiamo che Religione non equivale a riti, decaloghi e dottrine, ma Religione=DIO=AMORE = fondamento della Nostra Esistenza.

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