Se ne è parlato sabato 14 giugno ai Benedettini, nel corso di un convegno, “Catania e la cocaina”, organizzato da Libera, che ha riunito attorno ad un tavolo i principali operatori che sono obbligati a misurarsi con questo tema, dal Comune, rappresentato dall’assessore D’Agata, ai rappresentati delle forze dell’ordine, ai direttori degli istituti di pena, ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA).
Non più droga dei ricchi, la cocaina è oggi utilizzata da persone di tutti i ceti sociali e di tutte le età. Offre ai trafficanti altissime percentuali di profitto a fronte di un rischio piuttosto basso.
L’incremento di valore che la cocaina subisce nel passaggio dai produttori agli importatori europei fino alla piazza di Catania è superiore al 100% e di questo enorme flusso di denaro viene intercettato solo il 10%, una piccola percentuale che apparentemente contrasta con i numeri crescenti di arresti, sequestri e confische di cui possono vantarsi le forze dell’ordine.
Adesso il grande traffico internazionale è nelle mani di ‘ndrangheta e camorra, che trattano con i fornitori boliviani, uruguaiani, soprattutto messicani. Le organizzazioni catanesi si collocano nella fase terminale della filiera, attraverso i rapporti che intrattengono con ‘ndrangheta e camorra, come ha ricordato il sostituto procuratore Pasquale Pacifico.
Il contrasto tra i clan si sviluppa successivamente, sul controllo del territorio, sull’accaparramento e sulla gestione delle piazze di spaccio, dove si realizzano profitti molto alti, anche 30.000 euro al giorno, una cifra che nessuna estorsione può garantire.
E’ San Giovanni Galermo il cuore dello spaccio metropolitano. La gente fa la fila per comprare come ad un casello autostradale mentre un’organizzazione ‘militare’ gestisce la vendita, con turni di guardia e vedette mobili e fisse. Seguono San Cristoforo e Librino-San Giorgio, ma anche Picanello e Nesima.
Può stipendiare la manovalanza che gestisce la vendita su piazza, decine, centinaia di persone, soggetti usa e getta, assolutamente fungibili. Ecco perchè gli arresti, numerosi, producono un danno molto basso alle organizzazioni criminali, colpiscono prevalentemente i livelli bassi, la manovalanza facilmente sostituibile che viene pagata sempre meno.
E’ questo il “risvolto paradossalmente positivo per i clan” ha detto Pacifico, “un piccolo spacciatore riceve oggi 40 euro al giorno invece dei precedenti 70 euro”, una cifra comunque appetibile in un contesto caratterizzato da una disoccupazione giovanile che rasenta il 70%.
Il commercio della Cocaina diventa così un “ammortizzatore sociale”, assicura lavoro a molti giovani dei quartieri a rischio e coinvolge anche le donne.
Spesso i detenuti per spaccio sono anche consumatori, sempre più di cocaina piuttosto che di cannabinoidi. Quando ammettono di non essere consumatori occasionali e riconoscono di avere contratto una forma di dipendenza, possono scegliere di fare un percorso seguiti dal Sert, il servizio pubblico territoriale contro le tossicodipendenza.
Ne è un esempio la gravissima situazione della formazione professionale, soggetta a tagli che hanno causato -come nel caso del CNOS, i cui operatori senza stipendio sono in sciopero- una riduzione delle attività che l’ente compie all’interno dell’istituto. Le lezioni non sono state completamente interrotte solo per senso di responsabilità e spirito di sacrificio degli operatori, ma all’esterno, nei quartieri, lo sciopero ha comportato la sospensione delle attività, lasciando i ragazzi per strada.
La piaga diffusa del consumo e dello spaccio di cocaina non si può ridurre ad un problema di ordine pubblico né affrontare solo con la repressione proprio perchè implica aspetti sociali e culturali.
Sull’aspetto culturale si sofferma anche il giornalista Antonio Condorelli nella sua analisi sul comportamento dei giovanissimi, tra i quali l’uso delle sostanze psico-attive, alcool compreso, è una vera emergenza, segno della incapacità di relazionarsi senza l’aiuto di qualcosa che dia “l’illusione di star bene, di stare vivendo”.
Sull’educazione insiste anche Ferdinando Mazzacuva, tenente colonnello della Guardia di Finanza: nel mercato della droga, sono molto importanti le tecniche di marketing e la ‘pubblicità ingannevole’ che tende ad abbassare le difese e la diffidenza del potenziale cliente.
Ecco perchè l’attività di repressione, afferma Pacifico, è solo una parte della risposta che lo Stato deve dare. Sarebbe importante soprattutto colpire i gangli finanziari, individuare dove vada a finire il denaro che proviene dal traffico degli stupefacenti, ma soprattutto sarebbe necessario un cambiamento di passo della politica.
Come mai -ad esempio- non è stata ancora introdotta in Italia la norma che punisce il reato di autoriciclaggio? Perchè “posso essere perseguibile se riciclo denaro per conto di altri e non se riciclo quello che proviene da attività delittuose che io stesso ho posto in essere?”. Eppure questa norma aiuterebbe a recuperare enormi capitali.
La complessità del problema non consente scorciatoie, neanche quella della legalizzazione della droga, scelta per la quale, prosegue, “forse non c’è la cultura” oltre al fatto che non è improbabile che le
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Con tutta la spazzatura nelle strade, i graffiti, le cacche di cane, edifici dilapidati, ed il senso d'abbondono ambientale e' un miracolo che non siamo TUTTI cocainomani.