I magistrati del Tribunale e della Prima Sezione Penale della Corte di Appello non hanno avuto dubbi. ‘La Tortuga’ ha violato le norme urbansitiche che regolano le ‘aree private vincolate‘, con la complicità ‘attiva’ di un dirigente comunale. E’ accaduto e accade ancora a Catania, soprattutto quando, a perseguire i propri interessi economici, è la società di una famiglia potente.
L’area è mia? Ne faccio quello che voglio, soprattutto se ne posso ricavare molti quattrini. E’ questo il ragionamento di partenza, ma le norme tutelano quegli spazi che, anche quando sono privati, devono restare fruibili alla collettività per il loro valore paesaggistico-ambientale o storico-artistico. Ecco perchè si parla di ‘aree private vincolate’, ed ecco i tentativi di aggirare i vincoli, a danno della collettività.
Dopo il caso del lido Tribeach, pubblichiamo oggi le sentenze dei processi relativi alla società ‘La Tortuga s.r.l‘ della famiglia Testa e al relativo porto turistico nel golfo di Ognina.
Un immobile “urbanisticamente mai sanato” demolito per fare posto ad un altro di maggiori dimensioni, in forza di una concessione edilizia “palesemente illegittima”. Armature in ferro e manufatti in acciaio realizzati in barba ai divieti, sbancamento di roccia vulcanica della scogliera. Questi alcuni degli interventi realizzati dalla società in questione, il cui amministratore è stato condannato in primo grado (luglio 2012) e in appello (ottobre 2013).
Il porto turistico, però è ancora lì. La demolizione delle opere abusivamente realizzate e il “ripristino dello stato originario dei luoghi”, ordinati dai giudici non sono stati eseguiti. Tutto è sospeso in attesa che si pronunci la Corte di Cassazione, a cui Carmelo Testa, unico imputato rimasto in vita (gli altri due sono deceduti nel corso del processo), ha fatto ricorso.
Se dovesse essere confermata la sentenza dei giudici di primo e secondo grado, interverrà tempestivamente il Comune a far eseguire la loro ordinanza? Così ci auguriamo che sia, anche perchè nel processo di primo grado il Comune si è costituito parte civile, insieme a Legambiente e ad alcuni cittadini residenti “nella qualità di danneggiati dal reato”.
Una vicenda complessa, piena di colpi di scena, tutti puntualmente riscostruiti dalla prima sentenza, emessa il 20 luglio del 2012 dal giudice monocratico Luca Lorenzetti.
A mettere in moto le indagini erano stati alcuni esposti alla Procura della Repubblica che segnalavano interventi edilizi compiuti in assenza di titoli concessori. Da un primo accertamento compiuto dalla polizia giudiziaria risultò che le concessioni c’erano, sia da parte del Comune sia da parte del demanio marittimo (entrambe del dicembre 2007). Non mancavano neppure il nulla osta della Soprintendenza e il parere favorevole del Genio Civile. Tutto a posto, dunque? Nemmeno per sogno.
La concessione prevedeva lavori di “riqualificazione, ampliamento e completamento dell’approdo turistico e dello specchio acqueo in località Ognina via Marittima”, tralasciando un ‘piccolo’ particolare.
Tutta la scogliera del golfo di Ognina ricade in una zona denominata dal Piano Regolatore Generale “area privata vincolata”, disciplinata dall’art. 23 delle Norme di attuazione del PRG che recita: “nelle aree private vincolate non deve essere aumentata l’attuale consistenza edilizia”. Vietate quindi le nuove costruzioni, sia pure a carattere precario, e ammesse solo, a pari volume, le demolizioni e ricostruzioni di manufatti esistenti ed iscritti al catasto alla data di approvazione del Piano (1969).
DOCUMENTI:
Illegittima quindi, secondo il giudice, la concessione edificatoria rilasciata dal Comune in data 20/12/2007, considerata la “macroscopica violazione dell’art.23 […] sotto un triplice profilo”: costruzione di nuovo corpo di fabbrica e ricostruzione -con volumetria maggiore- di un fabbricato preesistente che era già di per sé abusivo in quanto “sprovvisto di concessione edilizia, non sanato e mai accatastato”.
“Nessun ragionevole dubbio può sussistere” scrive il giudice “sulla penale responsabilità degli imputati Testa Carmelo e Paladino Vito”. Quest’ultimo –dirigente del 1° servizio della VII Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Catania- in quanto ha rilasciato, consapevolmente, agli altri imputati, co-amministratori della ditta La Tortuga, una concessione edilizia illegittima.
Nessun dubbio, prosegue, “in ordine all’elemento soggettivo dei reati, anche per la ripetuta reiterazione della condotta nonostante gli ordini di sospensione dei lavori adottati sia in sede giurisdizionale sia dall’amministrazione comunale”.
Da quando infatti il TAR, in data 10/03/2008, accogliendo un’istanza avanzata dai residenti, aveva sospeso la concessione edilizia rilasciata dal Comune, erano seguiti ulteriori sospensioni, sequestri, revoche ma anche nuove autorizzazioni seguendo un copione più volte ripetuto, che qui brevemente ricostruiamo.
Il primo ordine di sospensione dei lavorì, da parte del Servizio Attuazione della Pianificazione del Comune e il primo sequestro preventivo da parte del Tribunale, seguirono a ruota l’intervento del TAR.
Dopo due mesi, però, il dirigente del Servizio Attuazione della Pianificazione rilascia una nuova autorizzazione, esclusivamente per lavori di manutenzione straordinaria, escludendo quelli in contrasto con l’art.23. Nel mese successivo, avendo il CGA (Consiglio di Giustizia Amministrativa, che in Sicilia ha funzioni proprie del Consiglio di Stato) riformato l’ordinanza del Tar autorizzando la ricostruzione del preesistente fabbricato, lo stesso Ufficio del Comune, revoca la sospensione dei lavori, limitatamente a quanto stabilito dal CGA.
Peccato che, in seguito a controlli della Polizia Municipale e del Servizio Antiabusivismo, risulti che i lavori edilizi sono andati avanti secondo il vecchio progetto e la vecchia concessione, con aumento della superficie coperta (in estensione e in altezza) e della volumetria.
Nuovo sequestro preventivo della Polizia Giudiziaria (siamo a settembre) e -dopo 20 giorni- nuovo nulla osta del Comune per la ricostruzione del vecchio manufatto, seguito da nulla osta della Soprintentenza che rilascia autorizzazione paesaggistica limitata alla ricostruzione, imponendo un parapetto in vetro.
Il film non è ancora finito e il copione si ripete. Nuovi controlli rivelano che La Tortuga non si è attenuta alle disposizioni ricevute e prosegue nella realizzazione del proprio progetto. Arriva un ulteriore sequestro.
Nel frattempo il Pubblico Ministero ha disposto una consulenza tecnica che dettagliatamente individua tutti gli interventi previsti dalla primitiva concessione edificatoria, quella del 20/12/2007. Altro che demolizione e ricostruzione! Nel progetto sono previsti non solo ampliamenti ma anche nuove costruzioni in vetro e acciaio, sostituzione della vecchia gru e posa in opera di un’altra, tensostruttura al di sopra dei fabbricati, pensilina in metallo e vetro, diverso posizionamento dei pontili e altre opere edili ‘minori’. Il tutto con aumento di circa 1.000 mq dell’area demaniale utilizzata.
Lo confermano i verbali di sequestro che descrivono travi e muri in cemento armato, armature di ferro per pilastri, asse in acciaio per gru, pavimentazione in pietra lavica e via discorrendo. Considerando che in area privata vincolata non sono ammesse neanche nuove costruzioni a carattere precario….
Da sottolineare che, nel progetto, la nuova edificazione è prevista al posto di un terrapieno esistente. In soldoni era contemplato sin dall’inizio che questo terrapieno venisse sbancato e la scogliera modificata. Il tutto in un’area “avente cospicui caratteri di bellezza naturale e quindi di notevole interesse pubblico”, oltre che “ricadente nella fascia di rispetto costiera di 300 metri dalla battigia e quindi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale”.
Il giudice reputa che tutte le violazioni, unificate nel vincolo della continuazione, siano state commesse “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso” e ritiene che la gravità dei fatti sconsigli la concessione delle attenuanti generiche.
Dispone inoltre la sospensione condizionale della pena, ma la subordina alla “immediata demolizione delle opere abusivamente realizzate e alla immediata rimessione in pristino dello stato originale dei luoghi”.
La condanna nei confronti di Carmelo Testa (Tommaso è morto nelle more del processo di primo grado), dieci mesi di arresto e una penale di 60.000 euro, più risarcimento dei danni e pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili, viene confermata in toto dalla Corte di Appello con la sentenza emessa nell’ottobre del 2013.
Il reato di Vito Padalino viene dichiarato estinto per decesso dell’imputato, ma i giudici della Corte scrivono che il giudice di primo grado ha “correttamente valutato gli atti del fascicolo giungendo ad affermare la penale responsabilità dell’appellante”.
sia ben chiaro: i Testa non sono proprietari di nulla. Tutto riucade sul suolo demaniale e la costruzione abusiva inerisce al suolo ed è parimenti demaniale. Dev’essere abbattuta perchè costruita in regime di concessione e non legittimamente autorizzata. In ogni caso deve prevalere l’interesse del Comune al godimento da parte della popolazione della scogliera del golfo. Tutto dev’esdsere ripristinato ed i Testa debbono cercare altrove lo scoglio dove rompersi la ….Testa. A Catania tutto è possibile .E’ indecoroso il fatto che il Sindaco e la sua coorte di Assessori non pensa di ripristinare in sito che un tempo è stato un vanto per la città. Mi chiedo cosa ci sta a fare la Procura? chi denuncia questa strana situazione ? E iu tanti PM che arredano le stanze della procura della Repubblica cosa ci stanno a fare?
mi sa che a Catania stiamo cercando di entrare del guiness dei primati per il maggiore numero di crimini urbanistici…..
non c’e’ limite alla forza distruttiva di certi catanesi ad un certo punto si devono fermare o distruggeranno TUTTA Catania.
comunque dato il reato e la dimensione dell’area in questione come e’ potuto sfuggire ai dirigenti comunali la costruzione su questo territorio….e che stiamo aspettando a demolire e ripristinate l’area alla condizione originale. si doveva fare il giorno dopo….quelli che stanno lavorando in questi uffici devono dimostrare che stanno facendo il loro lavoro nelle azioni e non solo nella forma di carte e cartine giudiziare….
e qualcuno per favore insegni a certi catanesi a tenere pulita la nostra citta’…..mi sento depressa e senza ispirazione quando vendo immondizia a terra, cacche di cane, graffiti, immondizia dentro il mare…..me ne vorrei andare e non rimettere un piede piu’ in questa citta’.