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Quei libri senza parole che parlano di integrazione

Una cosa è parlare di integrazione, un’altra è farla nel vero senso della parola. Ce lo hanno dimostrato Ilaria Tontardini e Giordana Piccinini di Hamelin, un’associazione culturale che l’Arci ha invitato a Catania per tenere dei laboratori  – uno per bambini, l’altro per adulti – sulla lettura dell’albo illustrato. I laboratori sono stati realizzati nell’ambito del progetto Luoghi Solidali, finanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione.
“Vengono chiamati spesso silent book, libri silenziosi, ma sono in realtà luoghi pieni di rumori, suoni, di vita.” E cosa c’è di meglio dei libri senza parole per far avvicinare e incontrare lettori di culture diverse?
Lettori come i ragazzi di prima media della Vespucci, una classe formata da molti studenti di origine straniera. Dell’Italia c’era solo una piccola rappresentanza: il ponte del 15 maggio ha influito negativamente sul numero dei partecipanti, senza però nulla togliere al loro entusiasmo quando, grazie a “Mappe” di Aleksandra e Daniel Mizielinski, hanno avuto l’opportunità di mostrare ai propri compagni il Paese in cui erano nati o dal quale venivano i loro genitori.
Persino chi all’inizio non voleva essere coinvolto, forse per timidezza o forse a causa delle barriere linguistiche, alla fine ha voluto partecipare alla “lettura”. Sì, perché si possono leggere le immagini così come si leggono le parole. Questo i ragazzi lo hanno imparato subito, e hanno imparato anche che ciò che non è nostro ci sembra peggiore solo per il fatto che non lo conosciamo.
Hamelin “nasce dalla convinzione che leggere sia un atto fondamentale che porta a una ricerca di senso, di sé e del mondo che ci circonda.” Per questo l’associazione si occupa da anni della promozione della lettura tra i giovani tramite laboratori, mostre e progetti didattici.
E non solo: nell’omonima rivista vengono affrontati per scelta dei tabù, “un territorio ancora inesplorato e vagamente minaccioso”, come la sessualità, i migranti, l’infanzia e il ruolo pedagogico e sociale degli insegnanti (non a caso, il primo numero pubblicato si intitola “Maestri”).
La lettura – ci spiegano Tontardini e Piccinini durante la presentazione della rivista alla libreria Vicolo Stretto – va affrontata per gradi e il piacere in essa può essere trovata solo con la fatica.
Il primo passo, dunque, per formare dei giovani lettori è insegnargli a stare negli tempi lunghi, a concedersi il tempo di osservare attentamente e cogliere i particolari di una pagina prima di passare a quella successiva. Una cosa che noi adulti stessi non sempre siamo abituati a fare, preferendo fare più attività contemporaneamente piuttosto che soffermarci a lungo su una singola cosa.
Anche il laboratorio degli adulti è stato arricchito dalla presenza di stranieri e di alcuni operatori delle associazioni che lavorano con i migranti, che hanno così scoperto un nuovo strumento da utilizzare ai fini dell’integrazione. Perché molte possono essere le metafore nascoste in una letteratura per l’infanzia che troppo a lungo è stata sottovalutata.
Del resto, come non associare – ne “L’Onda” di Suzy Lee – il superamento del limite tra una pagina e l’altra all’incontro tra due mondi? E come non vedere simbolicamente il mare come il mezzo che rende possibile tale incontro?

Argo

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  • Questo libro in particolare e' veramente bello per i bambini piccoli (il libro di Suzy Lee). I libri senza parole sono ideali per bambini piccoli e per i bambini di altre culture perche' gli danno lo spunto di sviluppare la storia nelle loro teste senza essere letti la storia meccanicamente. Il significato della storia diventa piu' importante del suoni delle parole. I bambini riescono a formare il significato della storia dal contesto dei particolari e ne escono piu' arrichiti. Una buonissima idea questo laboratorio.

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