Oggi, nelle nostre tavole, dopo a pausa invernale, le nespole arrivano prima di tanti frutti “tardo primaverili”. Eppure, in alcune ottave siciliane possiamo trovare questo distico: Quannu viditi nespuli chianciti / chistu è l’urtimu fruttu di la stati (Quando vedete nespole piangete/ questo è l’ultimo frutto dell’estate).
Versi difficili da comprendere, così come altrettanto strano appare il proverbio “Ccu lu tempu e ccu la pagghia maturanu li nespuli” (Con il tempo e con la paglia maturano le nespole). Francesco Giuffrida, studioso del canto popolare e sociale, (ne ‘La rivista del Galilei’) ci invita a indagare per risolvere questo ‘mistero’.
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In effetti, prima del XIX secolo in Sicilia, ci ricorda lo studioso, “l’unica nespola conosciuta era la ’nespula di ’nvernu’, il frutto del nespolo comune, Mespilus germanica L., che non solo compare appunto alla fine dell’estate, ma deve completare la maturazione in casa, appeso da qualche parte o mantenuto in ceste in mezzo alla paglia – così come avviene per le sorbe – e consumato mano a mano che la colorazione, passando dal beige al marrone scuro, denuncia l’avvenuta maturazione”.
Grazie a questa lettura, i versi citati diventano comprensibili e coerenti: “si piange perché è arrivato l’autunno e arriva, per i nostri progenitori legati e dipendenti dalla campagna, una stagione di freddo con meno lavoro e più difficoltà a procurarsi il necessario per il sostentamento”.
Alla fine del settecento, però, si diffonde progressivamente in tutta Europa il nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica lindl) che si adatta perfettamente alle campagne siciliane, visto che non richiede molte cure e neanche molta acqua e soppianta, dappertutto, la vecchia nespula di ’nvernu, anche perché il suo frutto è più ricco, più dolce, più appetitoso. E, soprattutto, giunge nelle nostre tavole prima di ciliegie, albicocche, e pesche.
In sostanza, distico e proverbio non sono in errore, semplicemente non parlano delle nespole che noi, oggi, consumiamo. Un’ultima curiosità, la nespola giapponese verrà ufficialmente indicata per la prima volta nel Nuovo vocabolario Siciliano – Italiano di Antonino Traina, edito a Palermo nel 1868.
Il distico citato è incompleto e dalle mie parti -Etna nord- è il seguente:
“Chistu iè lu primmu e l’ùrtimu fruttu di la ‘stati,
quannu viditi nèspuli cianciti! ”
In effetti i due tipi di nespole sono i primi e gli ultimi frutti.
Ah ora vado a sentire questa canzone su youtube!
“Ccu lu tempu e ccu la pagghia maturanu li zorbi”.