Una targa per l’aula 2 del
Lì, accanto al tavolo dei relatori, c’è anche una sedia vuota con una sciarpa, un paio di guanti, un cappello rossi. E’ il posto lasciato libero per Stefania, o meglio, simbolicamente occupato da lei. E quella ragazza dal sorriso dolce che sfilava con i simboli e gli slogan del femminismo è presente nell’aula del Monastero dei Benedettini che da ieri porta il suo nome.
E’ presente negli interventi che si susseguono e nei quali non ci sono lacrime, accenti commemorativi, retorica vittimistica, sterili ricordi ma voglia di lottare come lei farebbe se fosse viva.
C’è tutta Stefania, nella relazione appassionata e commossa di Stefania Arcara, docente di “Gender Studies“. Parte da lontano, Arcara, da quando lo Stato tollerava la violenza di genere con il delitto d’onore abolito solo nel 1981, per arrivare al rischio attuale, da parte della politica, dei media e persino della pubblicità, di strumentalizzazione del salvataggio delle donne dalla violenza.
Autocritico e propositivo Matteo Iannitti del Movimento studentesco: “Noi maschi dobbiamo diventare parte della soluzione e non parte del problema”. “Bisogna nutrire le dinamiche sane della relazione e non quelle malate del possesso che generano violenza”.
E’ un vero e proprio piano di battaglia l’intervento di Antonia Cosentino delle Voltapagina (è stata proprio una di questo gruppo, Emma Baeri, a proporre l’intitolazione dell’aula a Stefania) che affronta tanti argomenti, dall’importanza di nominare le donne, dedicando loro – è sempre troppo tardi – strade e piazze e aule e monumenti perché la memoria è necessaria per costruire futuro. Invita a difendere le leggi, oggi in pericolo nel mondo, che garantiscono la scelta di abortire o generare, denuncia il lavoro precario e le disparità nell’occupazione di uomini e donne.
Non vuole parlare della morte di Stefania ma della sua vita, Serena Maiorana che sulla femminista di Licodia Eubea ha scritto un libro “Quello che resta”. Così ne riporta una citazione. Occupandosi di migranti aveva detto: “Senza Memoria affondiamo tutti “.
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