Urbanistica parte-cipata e parte non

Cosa si intende per ‘urbanistica partecipata‘? E’ corretta la modalità con cui l’amministrazione comunale ha avviato un processo così denominato, organizzando anche un evento pubblico, relativo al regolamento edilizio? Pubblichiamo oggi un contributo inviatoci da Andrea D’Urso, dottore in geografia e curatore del libro ‘Urban Cultural Maps.Condividere, partecipare, trasformare l’urbano”, che propone una lettura critica e tendenzialemnte demistificante dell’iniziativa intrapresa dal Comune.

Sorprende apprendere dagli organi di stampa che i capigruppo del Consiglio Comunale della maggioranza, che sostiene il sindaco Bianco, abbiano avviato un percosso di ‘urbanistica partecipata’ nella nostra città.
Sorprendono sopratutto le modalità con le quali si è dato avvio a questo processo che dovrebbe coinvolgere ampi settori della cittadinanza catanese. Chi scrive non è un tecnico, urbanista o ingegnere, si occupa di processi partecipativi a sostegno del Comitato Cittadini Attivi San Berillo.

Facciamo un passo indietro; circa un mese fa, la Giunta comunale approva il suo regolamento edilizio che tra le sue pieghe e formule tecniche nasconde reali insidie per il futuro del Centro Storico e l’elevato valore artistico e culturale da esso rappresentato. Tra le critiche avanzate spicca anche quella che contesta l’uso improprio del regolamento in qualità di strumento, poiché si sostituisce ad un Piano regolatore generale (PRG) nella definizione di regole di edificazione e assetto del territorio, come è ben spiegato dall’articolo “Regolamento edilizio, perchè tanta fretta?”.
Sulla scia del regolamento approvato dalla Giunta, l’11 marzo i capigruppo di maggioranza decidono di aprire un percorso di “Urbanistica partecipata” attraverso l’indizione di una sorta di ‘concorso di idee’ in base al quale si chiede di far pervenire una proposta senza specificare l’oggetto della stessa, né il soggetto proponente (singolo cittadino, associazione o ordine professionale).
Che tipo di proposta richiedono i nostri brillanti amministratori? Un progetto architettonico, un piano particolareggiato, l’organizzazione di uno spazio verde o di una piazza?

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A che titolo un singolo cittadino o ordine professionale ha la legittimità di fare proposte su ambiti della città che in quanto pubblici interessano l’intera collettività?
Ammesso che tutte queste obiezioni non valessero nulla, quali e quante risorse sono state messe a disposizione ? Da dove provengono? Dall’Amministrazione pubblica o dai singoli privati?
Coloro i quali non fossero arrivati a formulare proposte entro il 24 marzo, potranno consegnare la propria direttamente nelle mani di uno dei capigruppo o magari di un rappresentante di un noto istituto bancario promotore dell’evento, insieme agli ordini professionali di costruttori, architetti e ingegneri.
L’ambizione è grande; questa amministrazione non solo vuole provare a fare ‘urbanistica’ ma anche partecipata. Ma cos’è questo oggetto misterioso chiamato ‘Urbanistica Partecipata’?.
Definire questo insieme di approcci nell’ambito dell’urbanistica non è facile poiché, in campo applicativo, vengono declinati in una varietà di forme e pratiche. Però se volessimo dare un senso a questa espressione potremo individuare alcuni principi comuni a tutti gli approcci e interventi realizzati.
Con l’urbanistica partecipata si abbandona completamente l’idea di interventi settorializzati, al contrario si prevede il coinvolgimento di tutti i settori e saperi dell’amministrazione pubblica: dai servizi sociali, alle politiche giovanili, da quelli culturali al settore turistico, per giungere infine al settore urbanistico.
Nell’urbanistica partecipata si abbandona il concetto di frontalità dell’intervento; ovvero occuparsi principalmente dello spazio fisico degradato.
Nell’urbanistica partecipata si lavora sulle e con le comunità locali per indagare i bisogni, i significati e gli usi che si fanno del territorio; le azioni sono indirizzate a definire forme e processi per uscire dalla crisi abitativa, sociale e culturale che attanaglia le città.
In altre parole i percorsi partecipativi in ambito urbanistico si basano sul coinvolgimento attivo delle comunità, dall’interazione con quelle pratiche espresse da chi vive un territorio e il riconoscimento delle forme di autorganizzazione dal basso (es. Campo San Teodoro, Gapa, Teatro Coppola).
Questo implica una serie di pratiche molto complesse che prevedono: un cambio radicale della cultura del governo locale, una seria programmazione delle attività e il coinvolgimento di una pluralità di soggetti.
Il tentativo goffo e confuso dei nostri amministratori di avviare un tale percorso è sotto gli occhi di tutti, evidenziato dal limite di coinvolgere i soliti noti (gli ordini professionali) e dal tentativo di alimentare forme di democrazia populistica basata sulla relazione diretta tra amministrazione e singolo cittadino.

Argo

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  • Si parla ancora di regolamento edilizio e non di Piano Regolatore Generale?
    Sono talmente incapaci i nostri amministratori da non valutarne la differenza e deciderne la priorità di esame e di scelte?
    Non sanno che un PRG una volta approvato, non può essere facilmente aggirato con le comode e collaudate "varianti" che hanno finora dominato il mercato immobiliare catanese?
    Non sanno che un PRG correttamente approvato avrebbe vietato la devastazione tuttora in corso della Plaia sotto mentite spoglie di "darsena" per traghetti volanti sui bassi fondali sabbiosi ?
    Non sanno che un PRG approvato avrebbe impedito la presentazione in Consiglio Comunale di un piano portuale che prevede la edificazione sulle banchine vecchie e nuove del porto di fabbricati sei volte più grandi di quelli previsti in c.so dei Martiri di una Catania già lungamente e gravemente martirizzata?
    Parliamo ancora di regolamento in una Catania senza regole ?

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