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Davanti al CARA di Mineo si grida 'libertà' in tutte le lingue

Chiudiamo i lager, apriamo le frontiere; freedom, hurrya, libertà, gridando questi slogan alcune centinaia di migranti e antirazzisti siciliani hanno, ancora una volta, manifestato insieme davanti al CARA di Mineo. La mobilitazione, promossa da un ampio schieramento di associazioni e movimenti, ha provato, coerentemente con lo spirito della Carta di Lampedusa, a tenere accesi i riflettori su ciò che accade nel megacentro, dove attualmente sono presenti circa 4.000 persone (il doppio della capienza originaria).
Uomini, donne, bambini che hanno rinunciato a tutto (case, famiglie, figli, lavoro e luoghi di origine) e attraversato per anni deserti e paesi insicuri pur di mettersi in salvo in Europa e avere un’altra chance di vita per sé e per i parenti che non sono riusciti a partire.

Una struttura, il CARA, nella quale si dilapidano ingenti risorse pubbliche (circa 50 milioni di euro per la gestione nel 2013) non per l’accoglienza ma per la segregazione di queste persone.
Semplice e chiaro l’obiettivo finale: chiudere al più presto il CARA, puntando in alternativa sugli SPRAR collocati nei piccoli e medi centri, per favorire così un reale inserimento sociale, seguendo l’esempio di comuni come Riace nella Locride.
Nel frattempo si richiede, con urgenza, di moltiplicare le apposite commissioni per valutare la situazione di tutti i migranti (teoricamente la permanenza in queste strutture non dovrebbe superare i 35 giorni) e di aprire un confronto pubblico sulla qualità della vita all’interno del CARA per quanto riguarda cibo, vestiario, assistenza sanitaria.

I manifestanti hanno inoltre denunciato il fatto che chi gestisce la struttura continua a pagare il pocket money (diaria di euro 2,50) in sigarette (anche per i bambini) e ricariche telefoniche.
Nella partecipata assemblea svolta alla fine della manifestazione tutti gli intervenuti hanno ribadito di non volere essere complici, rimanendo in silenzio, della creazione di moderni lager, della mercificazione delle persone e dei corpi delle persone, dell’annullamento della personalità e delle speranze di vita di una generazione.
Ma hanno, anche, denunciato un insopportabile clima di intimidazione nei confronti di chi, all’interno della struttura, prova ad organizzarsi per difendere i propri diritti. Un atteggiamento, quest’ultimo, diffuso purtroppo a livello nazionale, visti i vergognosi esempi di quanto accaduto recentemente a Lampedusa e a Roma.
Nel pomeriggio, alcuni dei promotori si sono riuniti a Catania per discutere su come proseguire la mobilitazione a livello regionale.
Nelle prossime settimane sarà presentata nelle varie realtà siciliane la Carta di Lampedusa e si proverà a concretizzare quanto in essa contenuto. In particolare a legare la battaglia per i diritti dei migranti con quella contro la militarizzazione del territorio, non a caso all’interno della manifestazione si è gridato: “la Sicilia sarà più bella senza il CARA e Sigonella”.

Argo

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