A Catania sono stati solo dieci i casi diagnosticati di patologie ambientali ma manca il computo del sommerso che è enorme. Infatti è difficile ottenere una diagnosi: i medici non riconoscono i sintomi e spesso parlano di malattie psicosomatiche. “In assenza di protocolli di diagnosi è difficile ricondurre i sintomi ai veleni dell’ambiente. – dice l’avvocata Marisa Falcone, presidente dell’Adas e paziente anch’essa di una di queste patologie – e intanto il dna si danneggia in modo irreversibile”.
Non è facile conviverci. Ne sa qualcosa l’avvocata Falcone che è affetta da quattro anni dalla MCS. Dice: “Ho bandito candeggina e detersivi e vado avanti con acqua e bicarbonato e acqua e aceto. Stando attenta a verificare che non ci siano sostanze tossiche anche dentro prodotti venduti come naturali”.
“Le nostre patologie per lo Stato non esistono – denunciano i volontari dell’Adas associazione creata a Catania e proprio dall’avvocata Falcone- Nonostante l’art.32 della Costituzione riconosca e garantisca, come valore intangibile, il diritto alla salute correlato al diritto alle cure e ad un ambiente salubre, lo Stato italiano viola ogni giorno questo nostro diritto perché continua a restare indifferente alla nostra domanda di salute. I servizi sanitari nazionale e regionale ci negano pervicacemente sia il riconoscimento delle patologie ambientali sia l’ assistenza socio sanitaria ed è assente la ricerca medico-scientifica nel settore delle malattie ambientali.”
Fondamentale la tutela dell’ambiente. “Un ambiente salubre – si legge in un depliant dell’Adas – è una condizione fondamentale per garantire all’organismo la possibilità di respirare, alimentarsi, depurarsi, riprodursi, recuperare le energie.
L’inquinamento chimico o elettromagnetico, da fonti radioattive o da metalli pesanti che sia, costringe l’organismo ad un innaturale processo di adattamento che mina le capacità di autodifesa ed indebolisce il sistema immunitario, altera le funzioni di organi e apparati, sconvolge il metabolismo
foto di Antonio Costa – Ufficio stampa ADAS
La battaglia contro la privatizzazione del porticciolo di Ognina sembrava vinta. A maggio dello scorso…
In Sicilia si chiamano Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM), in Italia hanno altre denominazioni,…
Felice Rappazzo, docente dell'Università di Catania, ci propone la sintesi di un dibattito avvenuto presso…
Un ‘bellissimo novembre” per il Ponte sullo Stretto, sul quale – in questi ultimi giorni…
Offrire agli studenti l’opportunità di ragionare su fenomeni di rilevanza economica che non siano riducibili…
Tornano su Argo i catanesinpalestina per parlarci della edizione 2024 del Nazra Palestine Short Film…
View Comments
esiste una branca del diritto penale che tratta i REATI AMBIENTALI , lINQUINAMENTO ed i danni alla salute. Perchè non creare un gruppo specializzato di avvocati e di medici non solo per denunciare i singoli eventi e cioè i fatti che hanno distrutto l'ambiente e arrecato danni ma soprattutto per presentare le denunce alle procure e seguire con costanza i singoli processi. Mi spiace che non si possono pubblicare perchè impegnerebbero troppo spazio ma dispongo di ben 4 sentenze di condanna inflitte ai Testa per la distruzione del golfo di Ognina. E pensare che il Comune di Catania si è costituito parte civile nel processo per cui adesso è obbligato ad intervenire. Eppure quella faccia brutta di Bianco e dei suoi assessori alla Bellezza condivisa non fanno nulla per far cessare quel disastro. Bisogna intervenire almeno in questo modo e fare spaventare i veri responsabili.