Immaginate un piccolo specchio di ghiaccio nascosto nel cuore di una grotta dell’Etna: è la Grotta del Gelo, una delle mete più visitate dagli escursionisti.
Formatasi nel corso della più lunga eruzione che si ricordi, quella del 1614-1624, è costituita da un condotto lavico a forma di imbuto, con un diametro di circa dieci metri, che si sviluppa complessivamente per circa 130 metri. La cavità si apre su un piccolo pianoro a oltre 2000 metri di altezza.
Il suo ingresso, dopo un breve tratto pianeggiante, è caratterizzato da un pendio molto ripido. Al suo interno in inverno si raccoglie una grande quantità di neve portata dal vento che, a causa dell’inclinazione, scivola lentamente verso le zone più interne della grotta, dove si crea un deposito naturale di neve ghiacciata che permane, anche se via via si restringe, fino all’estate inoltrata, costituendo così il ghiacciaio perenne più meridionale d’Europa.
La galleria in cui permane il ghiaccio è lunga una cinquantina di metri e in primavera si possono osservare, dall’ingresso della grotta, anche delle formazioni di stalattiti che pendono dall’alto.
Queste particolarità hanno affascinato da sempre molti escursionisti e ne hanno fatto la grotta più conosciuta dell’Etna. Fin dall’antichità comunque essa era conosciuta e utilizzata dai boscaioli e dai pastori transumanti che trovavano al suo interno una delle pochissime presenze di acqua con cui potevano abbeverare se stessi e i loro animali, soprattutto in estate.
Il ghiaccio, però, dal 1981 ad oggi si sta assottigliando sempre più a causa delle mutate condizioni climatiche, dell’infiltrazione di acqua meno fredda e dell’eccessiva frequenza dei visitatori, soprattutto in primavera e in estate.
Per le difficolta che sono presenti, è necessario visitarla con le adeguate attrezzature: una giacca a vento, perché anche in estate l’escursione termica – rispetto all’esterno – è particolarmente alta; scarpe con ramponi, per non scivolare sulla superficie ghiacciata del fondo; corde, per aiutarsi nella risalita; lampadine tascabili.
Esistono diverse strade per arrivare alla grotta, quello che proponiamo è il percorso classico che risale dal versante di nord-est e che consente di visitare anche altre grotte. Esso non presenta particolari difficoltà tecniche, è solo lungo e faticoso, soprattutto nell’ultimo tratto: circa 20 chilometri e 8 ore ad andare e tornare.
In auto si percorre la provinciale Linguaglossa – Piano Provenzana fino al rifugio Brunek, da dove sulla destra si diparte una sterrata, anch’essa percorribile in auto fino alla Caserma Pitarrone: qui inizia la Pista altomontana e il percorso di trekking.
Per circa due terzi del suo sviluppo si cammina dentro un bosco di pini e faggi, a tratti tagliato da diverse colate, che in alcuni tornanti si apre verso la valle dell’Alcantara, offrendo scorci di panorama particolarmente suggestivi.
Dopo circa 5 chilometri, una deviazione verso destra porta alla Grotta delle Palombe, che si apre accanto ad una caserma della Forestale, ma non è visitabile perché di difficile accesso .
Proseguendo dritto per altri 2 chilometri si incontra un bivio che risale a sinistra, verso il rifugio di Timpa Rossa; poco più avanti si trova l’ingresso della Grotta dei Lamponi, una delle più lunghe (circa 750 metri) e più facilmente visitabili.
Si lascia quindi la Pista altomontana e si imbocca, sempre verso sinistra, un sentiero ben riconoscibile che risale verso la Grotta del Gelo e si sviluppa a gradoni successivi in direzione nord-ovest . E’ la parte più faticosa e soprattutto in estate bisogna essere ben forniti di liquidi. Oltre che della traccia a terra, per orientarsi ci si può servire dei segnali a vernice bianca e rossa o degli omini di pietra.
Una piccola dagala di faggi, un vecchio ovile e grandi depositi di sabbia, residui dell’eruzione del 1981, segnalano la prossimità del nostro obiettivo finale. Ancora pochi passi e siamo davanti ad una delle più sorprendenti meraviglie dell’Etna.
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