Non erano presenti in aula, invece, l’imputato e la sua famiglia. Nessuno dietro le sbarre, nessuno di loro tra i banchi del pubblico. Sarebbe stato inopportuno e difficile il confronto con la famiglia di Stefania. Dell’assassino reo confesso, solo due note, lette dal presidente della Corte con le quali dimostra di temere maggiormente il giudizio di infermità mentale che non la condanna all’ergastolo. Quasi rivendicasse con orgoglio un’azione meritoria.
Così caccia via, uno dopo l’altro, gli avvocati che seguono, tutti, la linea difensiva dell’infermità mentale, dell’incapacità di intendere e di volere, e rinuncia al secondo grado di giudizio. Non vuole essere bollato come pazzo. Una linea quella del disagio mentale riconfermata dall’avvocato Rabbito, da stamattina non più difensore di fiducia dell’imputato ma rinominato avvocato d’ufficio dal presidente della Corte: per lui, il suo assistito avrebbe problemi psicologici.
Una tesi che non convince, però, la Corte d’assise d’appello di Catania e il suo presidente Luigi Russo che si sono riservati di decidere in una prossima udienza fissata per il 4 marzo: ” Non siamo attualmente in condizione di stabilire l’ammissibilità delle richieste dell’imputato ; le perizie psichiatriche devono essere concluse”.
Bisognerà attendere ancora, dunque, perché questo benedetto processo finisca. Al di là del numero delle udienze, dell’entità della condanna, delle arringhe difensive e accusatorie, dei coup de théatre dell’imputato, dei giornali on line e cartacei che che si ostinano a rubricare il femminicidio come raptus della gelosia, rimane e rimarrà sempre su tutto e tutti, nonostante tutto e tutti, tanto dolore.
Quello, insanabile, della mamma e del papà di Stefania innanzitutto. Della nonna che ha perso la nipote e il marito. Una ferita profonda che nessuna pena data dai giudici potrà sanare. Continueranno a soffrire della sua morte tutte le persone che l’amavano. Tutti coloro che hanno saputo di lei quando non c’era più ma che continueranno a ricordarla.
E ci sono poi altre sofferenze, dolori sordi e poco risarcitori. Per i quali non c’è solidarietà ma soltanto un’immensa solitudine. Quello della madre di Loris Gagliano cui è toccato di vedere il figlio tramutarsi in assassino. Non si tratta soltanto del dolore legato alla probabile lunga reclusione ma l’insopportabile angustia di sapere che suo figlio è stato dalla parte sbagliata, che ha ucciso perché doveva affermare il suo potere su quella ragazza che amava tanto la sua libertà da “osare” abbandonarlo.
Suo figlio che con un gesto crudele quanto stupido e inutile, togliendo la vita a Stefania e a suo nonno, ha rovinato la sua di vita e quella dei suoi genitori. Ah se quel ragazzo potesse capire! Come sarebbe lungo il suo
La battaglia contro la privatizzazione del porticciolo di Ognina sembrava vinta. A maggio dello scorso…
In Sicilia si chiamano Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM), in Italia hanno altre denominazioni,…
Felice Rappazzo, docente dell'Università di Catania, ci propone la sintesi di un dibattito avvenuto presso…
Un ‘bellissimo novembre” per il Ponte sullo Stretto, sul quale – in questi ultimi giorni…
Offrire agli studenti l’opportunità di ragionare su fenomeni di rilevanza economica che non siano riducibili…
Tornano su Argo i catanesinpalestina per parlarci della edizione 2024 del Nazra Palestine Short Film…