Asili nido, quando il movimento incide sulla politica

La riapertura delle scuole dopo le vacanze natalizie ha messo un punto fermo alla vicenda dei 14 asili nido del Comune di Catania. La loro paventata chiusura è stata scongiurata e il loro servizio è ripartito con le nuove regole definite dalla Giunta Bianco.
Il rischio era infatti che, in conseguenza del Piano di rientro firmato dalla precedente Giunta Stancanelli per scongiurare il fallimento, si dovesse rinunciare al servizio pubblico e limitarsi a riconoscere alle famiglie solo dei voucher da spendere presso strutture private anche non accreditate e quindi non verificabili nel loro operato.
La Giunta Bianco e, nello specifico, l’assessore Trojano, si era ritrovata questo cerino acceso in mano e, in un primo momento, aveva tentato di spegnerlo proponendo la riapertura degli asili nido ma passando dal precedente tariffario articolato in 60 fasce ed esenzioni per i redditi più bassi a un tariffario ridotto a due sole fasce e prevedendo inoltre la possibilità di convenzioni con strutture private accreditate per ampliare il numero di posti da mettere a disposizione.
La prima fascia copriva i redditi fino a 15mila euro annui, l’altra oltre i 15mila euro. Nel primo caso i genitori avrebbero dovuto pagare 75 euro per il tempo corto (dalle 7.30 alle 14) e 198 per quello lungo (dalle ore 7.30 alle 18.30); nel secondo, le tariffe sarebbero state 155 euro per il tempo corto e 260 per il lungo.
Contro queste proposte che, paradossalmente, andavano a pesare sulle fasce più deboli economicamente mentre quelle superiori avrebbero finito per pagare meno rispetto a quanto pagavano col sistema precedente, si è schierato -oltre la minoranza consiliare – un variegato e combattivo fronte extraconsiliare composto da M5S ma soprattutto dall’Associazione ‘Catania Bene Comune’ che è stata anche capace di mobilitare un nutrito gruppo di genitori e di operatori del settore, preoccupati per il posto di lavoro.
Veniva denunciata l’evidente sperequazione di questo sistema contributivo e la conseguente penalizzazione che avrebbero subito proprio le famiglie più bisognose di questo servizio, oltre alla surrettizia intenzione di sbaraccare nel tempo il sistema pubblico e lasciare campo libero ai privati.
Queste proteste sono riuscite ad incidere sulle scelte del consiglio, infatti alcuni esponenti dei partiti di maggioranza hanno presentato una serie di emendamenti per modificare la precedente delibera e hanno ottenuto il voto favorevole del consiglio e la rimodulazione del piano tariffario con l’introduzione di 5 fasce:

  • fino a 12mila euro si pagheranno 55 euro per il tempo corto, 145 euro per il lungo;
  • fino a 17.500 euro: 75 euro o 195 euro;
  • fino a 38mila euro, 165 e 230 euro;
  • fino a 45mila: 228 o 275 euro;
  • per i redditi superiori a 45mila euro si pagheranno 255 o 290 euro.

Recepite anche alcune riduzioni per i bambini orfani con reddito familiare non superiore a 10mila euro e nel caso di iscrizione di due o più figli, se il reddito non supera i 22mila euro annui.
Resta la possibilità delle convenzioni con i privati mentre si apre la possibilità di allargare la platea dell’utenza in forma gratuita attraverso l’avvio dell’esperienza complementare degli ‘asili di caseggiato’, già presente in molte realtà del nord Europa e dell’Italia settentrionale, come ad esempio a Trento.
In questo caso si tratterà di strutture alternative capaci di accogliere, a cura di mamme-sitter e di personale educativo, un numero limitato di bambini (fino a 15) solo per la mattina e senza la possibilità di fornire pasti.
Malgrado questi aggiustamenti, la delibera ha continuato ad essere radicalmente criticata da Catania Bene Comune che la ritiene, quanto alle tariffe,  sempre inadeguata rispetto alle disponibilità delle famiglie più svantaggiate mentre ritiene in ogni caso avviata la progressiva esternalizzazione totale del servizio. Bollata come ghettizzante e dequalificata l’ipotesi degli ‘asili di caseggiato’.

Fin qui la storia. Proviamo a fare un bilancio, sia pure provvisorio, partendo dal presupposto che la qualità di una comunità cittadina, come di una famiglia, si misura anche dal modo con cui ci si prende cura dei più piccoli.
In positivo, oltre alla naturale soddisfazione di aver scongiurato la liquidazione del servizio pubblico, va accreditato alla giunta Bianco l’aver accresciuto il numero dei posti disponibili, che passa da 520 a 740, per arrivare a 865 con gli ‘asili di caseggiato’. Inoltre il servizio sarà esteso al mese di luglio e il tempo lungo viene allungato fino alle 18.30. Per contro, invece, aumenta il rapporto numerico tra bambini e personale educativo.
Il piano tariffario è meglio articolato ma, anche se è previsto un limitato numero di posti in esenzione, resta il fatto che molte famiglie dovranno prevedere un esborso sia pur minimo che andrà ad aggravare i loro già fragili bilanci. Aveva senza dubbio un carattere più perequativo il sistema precedente basato su 60 micro-fasce.
L’Amministrazione si è impegnata a utilizzare tutti i finanziamenti che si renderanno successivamente disponibili per abbassare ulteriormente le rette, ma si tratta di promesse che per il momento non è possibile quantificare.
Ancora, i servizi ausiliari del pomeriggio saranno affidati a cooperative esterne, con il rischio di dare ulteriormente fiato a forme di occupazione precarie, a basso costo e poco controllabili.

DOCUMENTI

Resta infine la grande questione dell’apertura al privato, che comunque funziona solo quando il sistema pubblico si mostra capace di assumere un ruolo di orientamento, di effettivo controllo e di verifica.
E’ il caso, ad esempio, del comune di Bologna, il cui modello -pur sofferente per i tagli che i Comuni hanno dovuto sopportare- costituisce ancora un esempio a livello non solo nazionale.
Ad essere realisti, non ce la sentiamo di concedere la stessa apertura di credito al Comune di Catania: stiamo ancora scontando le conseguenze dell’esternalizzazione del servizio di nettezza urbana.

Argo

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