Quelli che non muoiono nel corso del
È abbastanza comune pensare ai migranti come richiedenti diritto di asilo, ma spesso non si pensa al fatto che essi emigrano per avere dei diritti che nel loro paese vengono loro negati.
È stato proprio sul tema del ‘diritto di esistere’ che si è tenuto, il 12 dicembre scorso, un dibattito al circolo Olga Benario, al quale hanno partecipato diverse figure impegnate nella lotta a sostegno dei migranti, che hanno portato le loro testimonianze nella piccola sala affollata, informando e sensibilizzando al tempo stesso.
È ormai risaputo come dietro al fenomeno dell’immigrazione si nasconda un vero e proprio business, che in Italia attira quelli che Hassan Maamri, mediatore culturale e responsabile dell’area immigrazione all’Arci Sicilia, ha chiamato gli “avvoltoi”. Tutte quelle persone, ovvero, che si fanno avanti e offrono strutture e personale di accoglienza solo perché interessate a ricevere i finanziamenti, stornati persino dal fondo per le vittime della mafia.
“E in questi giorni gli avvoltoi si moltiplicheranno attorno ai centri di accoglienza,” ha detto Fulvio Vassallo Paleologo, docente dell’università di Palermo, riferendosi ai nuovi stanziamenti (20 milioni per i minori non accompagnati e 140 milioni per l’accoglienza) da rendicontare entro il 29 aprile 2014.
L’interesse di questi “predatori” viene però a cadere nel momento in cui non c’è un guadagno.
“Chi ha una struttura comunità d’alloggio trova interesse nell’ospitare il minore richiedente asilo,” spiega Hassan Maamri, “perché avrà a che fare con la Prefettura che assicura il pagamento (50-60 euro al giorno), e non il minore non accompagnato perché lo deve pagare il Comune che è in dissesto e non ha soldi.” A volte i titolari di questi imprese ‘a convenienza’ cercano addirittura di convincere i ragazzini a fare richiesta di asilo.
I bambini di cui stiamo parlando hanno affrontato un terribile viaggio in mare, e ancor un più terribile viaggio attraverso il deserto. Saranno capaci queste strutture (inadeguate, perché senza personale con esperienza sul campo) di garantire non solo accoglienza, ma anche assistenza psicologica a dei bambini che nei loro disegni ritraggono bottiglie di plastica vuote?
”Quando gli ho chiesto il perché delle bottiglie d’acqua, – dice ancora Maamri – il bambino ha risposto: una bottiglia di due litri valeva una vita. Perché con esse, in quelle tre ore e mezza che sono stati in acqua, questi bambini hanno imparato a galleggiare.” Quando non erano costretti ad aggrapparsi ai cadaveri per avvicinarsi alla riva.
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Il ricordo della tragedia di Lampedusa del 3 ottobre scorso è così forte che molti migranti non desiderano altro che lasciare il nostro Paese, ma le leggi europee non glielo permettono e negano loro la possibilità di raggiungere i loro parenti in Europa.
Antonella Petrosino, avvocato dei diritti umani, non ci nasconde la frustrazione di non riuscire a dare delle risposte concrete ai suoi assistiti.
Quando i migranti attirati dal miraggio di una vita migliore avvistano la terra ferma, essi “tirano fuori dalle borse i vestiti puliti, chi ha la maglietta della Juventus o con la scritta ‘Italia’ la indossa”, ci racconta Hassan Maamri, e ci ricordiamo di quei bambini morti in mare, con indosso le scarpette nuove dalle suole ancora intatte.
Chi riesce a sbarcare viene accolto dalle forze dell’ordine coi caschi e i metal detector, trasportato in centri in cui lavora solo personale italiano e subito sottoposto a interrogatori prima che accolto e accudito.
Quando viene spiegato loro che si trovano in un centro di accoglienza, i migranti sbarrano gli occhi increduli. “L’accoglienza per loro è una parola sacra,” spiega Maamri, “Nella loro cultura significa aprire le porte, abbracciare, dare protezione.”
Incomprensioni, comunicazioni nulle per culture e lingue diverse.
“Siamo di fronte a un razzismo reciproco,” – continua – la diversità culturale non viene valorizzata, resta spesso incompresa, e questa incomprensione porta inevitabilmente a una mancanza di rispetto, spesso non consapevole, nei confronti della persona e della sua cultura.
Come è successo nel corso della celebrazione dei funerali di alcuni eritrei: quando sono arrivati al cimitero, i loro connazionali hanno ritenuto un affronto che le bare venissero messe nei loculi, perché “nella loro tradizione i morti devono ritornare nella terra.”
Claudia Urzì ha ricordato i “funerali beffa” di Lampedusa, che si sono svolti nell’assenza dei sopravvissuti alla tragedia e con la presenza, invece, l’ambasciatore eritreo, rappresentante proprio di quel governo dal quale i migranti erano fuggiti.
Fuggono da un inferno e finiscono in un altro.
Si parla del Cara di Mineo, ancora una volta oggetto di critiche (lì, due giorni fa, un giovane eritreo si è tolto la vita.)
Barbara Crivelli, della Rete antirazzista, ne parla come di un luogo in cui “le persone non hanno diritto alla propria identità” e aggiunge: “Anche per noi sarebbe difficile la convivenza con culture diverse dalla nostra”, soprattutto se si trattasse di una convivenza forzata per un tempo prolungato.
“Dobbiamo prepararci a una società multietnica,” conclude Maamri, che si definisce un “siciliano di origini immigrate”, facendoci ricordare quanti immigrati di origine siciliana ci sono in giro per il mondo. Questo è infatti un fenomeno che ci riguarda direttamente, non solo per la rilevanza che esso ha avuto in passato, ma anche perché esso è ancora in corso nel presente, come nel caso di studenti e neolaureati che partono alla ricerca di migliori opportunità di studio e di lavoro.
Parla ancora dei centri di accoglienza Fulvio Vassallo, che ne critica la militarizzazione e denuncia violenze spesso taciute, non denunciate: “L’Italia non è più considerato un Paese sicuro per i richiedenti asilo.” Spesso altri Stati –
18 dicembre – Giornata nazionale dei migranti del 18 dicembre, in occasione della quale è prevista una manifestazione davanti al Cara di Mineo
20 dicembre – Giornata del migrante organizzata dall’Arci, con proiezioni e dibattiti al CSO ex Collegio, a Catania
3 gennaio – Linosa ricorderà Lampedusa nella ricorrenza dei tre mesi dalla tragedia, allestendo un albero di natale con 366 pezzi di stoffa provenienti dai vestiti dei migranti del 27 marzo 2011
A partire dal 31 gennaio è prevista la stesura della Carta di Lampedusa, un documento che nasce dal basso per scrivere un diritto che finora non è stato garantito.
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