In principio – sono già passati due anni- erano
soprattutto gli autotrasportatori, i ‘padroncini’ e i piccoli produttori agricoli siciliani che tentavano di mettere in ginocchio la già traballante economia dell’isola. Si erano messi in fila dietro il simbolo dei forconi e avevano anche provato a buttarla in politica, presentando proprie liste alle ultime elezioni regionali, per loro sfortuna, con esiti infelici.
Adesso il discorso si fa più radicale e pericoloso: settori della destra squadrista, qualunquisti sfiduciati e fan della mafia inneggiano alla Forca.
Il movimento dei forconi è tornato più forte di prima e sta cercando di allungare i suoi tentacoli ben oltre lo Stretto, da Torino fin giù al sud, come già documentano le cronache. Ma la sensazione diffusa è che il quadro d’assieme si sia notevolmente modificato diventando complesso e sfrangiato.
Un preoccupante volantino distribuito nell’Agrigentino, parla di rivoluzione e di pestaggi per chi resiste. Di più: ci sono esplicite minacce di morte per chi si oppone, come il consorzio CNA-Fita che si è dissociato dal fermo dell’autotrasporto.E ancora, propositi chiari di attacco alla Stato e esplicite esaltazioni della Mafia.
C’è di che stare in allerta ed è quello che fa l’Anpi-Piemonte che mette in guardia dalle parole di “un fantomatico coordinamento nazionale per la rivoluzione che invita alla ribellione ambulanti, commercianti e autotrasportatori e ha indetto per lunedì una manifestazione di protesta”. Non basta: c’è chi auspica un governo temporaneo con a capo un militare. Al Coordinamento dei rivoluzionari ha aderito il gruppo di neonazisti di Forza Nuova. E infine in numerosi negozi si sono presentati sedicenti poliziotti che hanno “consigliato” i commercianti a tenere le saracinesche abbassate “onde evitare tafferugli”.
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Il contesto è quello di una crisi che si allunga e si aggrava mese dopo mese, facendosi beffe di tutti i pronostici di ripresa mentre si stanno annodando realtà sociali molto più articolate che nel passato.
Dietro la bandiera del ‘mandare il governo a casa’, è più facile che i Forconi aggreghino soprattutto commercianti e artigiani, oggettivamente attanagliati non solo dalla crisi generale ma anche da un fisco che ritengono ormai -e non sempre a torto- insostenibile. In una parola, si tratta di una più vasta e frastagliata piccola borghesia, che sente i morsi di una povertà incipiente e prova a ribellarsi.
Per certi versi questi non sono distanti da quei tre milioni di persone che appena ieri si sono messi in fila davanti ai gazebo delle primarie del PD implorando quasi, forse per l’ultima volta, una politica capace di dare risposte celeri, credibili ed efficaci ad un paese estenuato.
Questi, invece, si sentono ormai privi di riferimenti e di rappresentanza politica e, come tante volte è accaduto nella storia, si lasciano tentare dall’illusione di una protesta che potrebbe tramutarsi presto in rivolta senza progetti definiti.
Ma è proprio dietro a questo vuoto che stanno prendendo corpo i fantasmi di una nuova realtà e i documenti che pubblichiamo ci debbono aiutare a non sottovalutare, pur senza drammatizzarli, gli avvenimenti di questa settimana.
Già al suo primo apparire, infatti, era balenato il sospetto che la mafia potesse in qualche modo guardare con simpatia al ‘movimento dei forconi’; assieme ad essa, l’estrema destra radicale sembrerebbe tentare di attuare una sorta di egemonia culturale.
L’ideologia dell’antistato e quella dello ‘stato forte’, due realtà certamente diverse, potrebbero, dunque, trovare paradossalmente un terreno di interessi comuni. Nè si può escludere che, almeno indirettamente e insperatamente, la situazione di tensione che si sta creando possa tornare utile a qualche soggetto politico rimasto fuori dal parlamento.
Pur se può sembrare un accostamento ‘scolastico’ o antistorico, è bene non dimenticare che la situazione di crisi economica e sociale che si venne
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