Si è concluso pochi giorni fa, il 28 novembre presso il Tribunale di Catania, il processo per l’omicidio del giovane niscemese, punito per essersi trovato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.
Condannati a diciotto anni e otto mesi di reclusione Marcello Campisi e Vincenzo Pisano. Nella precedente udienza dello scorso 10 ottobre si erano dichiarati colpevoli dell’atroce delitto, compiuto insieme ad altri due complici allora minorenni: Giuliano Chiavetta, già condannato a sedici anni di reclusione nel 2012 dal Tribunale per i minorenni di Catania, e Salvatore Cancilleri, per il quale è in corso il processo d’appello (l’udienza dibattimentale è stata rinviata al 3 febbraio).
Il giovane Pierantonio Sandri era
Solo nel 2009 Chiavetta, arrestato per altri reati, angosciato dal rimorso dopo i ripetuti appelli di Ninetta, sua ex insegnante, ha rivelato agli inquirenti la verità sull’omicidio: Pierantonio, aveva appena diciotto anni quando fu prelevato nella piazza del paese, condotto in un bosco e barbaramente torturato fino alla morte da quattro giovani di una banda mafiosa emergente.
Il delitto era stato compiuto perché i quattro niscemesi credevano che il ragazzo avesse assistito involontariamente a un crimine e avevano paura che denunciasse il fatto ai Carabinieri. Il cadavere di Pierantonio era stato poi nascosto, sotterrato nello stesso bosco.
La condanna inflitta a Pisano e Campisi dal GUP Oscar Biondi, che ha addirittura superato la richiesta del PM (nonostante la riduzione della pena per le attenuanti generiche dopo la confessione spontanea del delitto) è stata considerata esemplare dall’avvocata Enza Rando, che ha sostenuto l’accusa e rappresentato Ninetta Burgio (deceduta due anni fa) e Libera, che si è costituita parte civile nel processo insieme a Franco Burgio, fratello di Ninetta.
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Non solo si è fatta finalmente luce dopo anni di ricerche per conoscere la verità prima sulla sua scomparsa e poi, dopo il ritrovamento del cadavere, sul suo assassinio. Con la verità sull’assassinio di Pierantonio si è fatta luce anche su un periodo buio della Niscemi degli anni novanta, dove i crimini erano all’ordine del giorno: auto incendiate , aggressioni, fino alla caccia all’uomo e agli omicidi.
“Questa condanna – scrive Libera – è un esempio anche contro l’indifferenza di un’intera popolazione che ha taciuto, si è girata dall’altra parte negando l’esistenza di una criminalità che prendeva sempre più piede nel paese”.
Per questo Libera ha voluto essere presente in tutte le udienze, non solo fisicamente con un gruppo di rappresentanti che hanno voluto ereditare e raccogliere la bandiera di Ninetta, ma anche costituendosi parte civile.
Lo hanno fatto per ricordare che sono l’indifferenza e l’ignoranza che alimentano il fenomeno mafioso.
Per questo la cifra richiesta, se concessa, sarà impiegata per effettuare dei progetti di prevenzione; per salvare giovani, che spesso cadono nella rete della mafia. Sono ragazzi plagiati da boss che li illudono, ragazzi che credono di avere potere avendo armi, droga e denaro, ma che in realtà svendono la loro vita.
“E’ auspicabile – dice ancora Libera- che anche i tre giovani reclusi per l’omicidio di Pierantonio possano tornare sui loro
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Ninetta grande madre coraggio!
Chi l'ha conosciuta non la dimenticherà mai piú !
Una preghiera da tutti noi,sempre !