L’ammontare del debito (241 milioni al 31 dicembre 2012) è inquietante, si tratta -afferma Girlando- di una ‘montagna’ che non può essere aggredita solo con un bilancio più equilibrato previsto dal piano di rientro elaborato dalla amministrazione precedente.
Piano di rientro che, comunque, il nuovo assessore difende, definendolo un ‘figlio adottivo’ accolto dalla nuova giunta per evitare il fallimento e non dover riavviare tutto il percorso ritardando l’arrivo dei 55 milioni del fondo di rotazione. La giunta Stancanelli ha invece, a suo parere, sbagliato a non chiedere l’accesso alle somme stanziate dal governo nazionale per pagare i debiti della pubblica amministrazione (DL 35), somme oggi richieste dopo la riapertura dei termini.
Dopo più di 10 anni di cattiva amministrazione, ma anche di riduzione dei trasferimenti nazionali, non possiamo limitarci -afferma Girlando- a mettere fine alla finanza allegra del passato, dobbiamo mettere sotto controllo una ‘macchina amministrativa’ che funziona male.
Lo dimostra l’enorme peso dei debiti fuori bilancio, rappresentati per lo più da cause (in gran parte espropriazioni) che il Comune ha perso per non aver saputo gestire né la fase pre-contenzioso né il contenzioso stesso. E non parliamo di bruscolini visto che, se si perde una causa, può saltare anche un milione di euro, un costo superiore a quello di molti servizi di rilevanza sociale che, a questo punto, il Comune non è più in grado di fornire.
Da correggere anche il meccanismo della riscossione, dato che Catania incassa solo il 50% dei tributi imposti, contro l’80% della media nazionale.
Nel corso del dibattito Girlando non si sottrae al confronto sugli interventi correttivi che il Comune potrebbe adottare su alcune delle questioni concrete più scottanti, anche se non in tutti casi intravvede adeguati margini di manovra. Il piano di rientro può infatti essere modificato, ma soltanto nel medio termine, “quando sarà recuperata una certa liquidità”.
Alienazione dei beni immobili del Comune
Raccolta differenziata
“Conosciamo il costo dell’appalto quinquennale stipulato dal Comune, che ci condanna a bassissime quote di differenziata, ma non conosciamo né a quanto ammonta il costo di quella parte di servizio svolto direttamente dal Comune né quanto paghiamo per mandare i rifiuti in discarica”, esordisce Danilo Pulvirenti, presidente di Rifiuti Zero Sicilia. Chiede, quindi, maggiore trasparenza delle informazioni e interventi efficaci per un cambiamento di rotta.
Girlando anticipa che il Comune è in trattativa con IPI e Oikos per una rescissione dell’attuale contratto e l’inizio di una nuova fase che preveda la raccolta porta a porta, proprio per incrementare la differenziata e uniformarsi alle modalità già avviate nei Comuni limitrofi. Ciò permetterebbe anche di risolvere il problema dei ‘pendolari del rifiuto‘ che trovano più comodo, scendendo in città dai paesi etnei, scaricare i sacchetti nei contenitori della periferia cittadina piuttosto che differenziare. Costume che ha fatto crescere non di poco la quantità di rifiuti indifferenziati conferiti in discarica, con un costo supplementare, per il Comune di Catania, di circa un milione e 200 mila euro.
Asili nido
Il piano di rientro li aveva aboliti applicando una logica ragionieristica.
“Per farli rinascere li abbiamo dovuti chiudere, prevedendo un nuovo sistema che permetta di ricavare il 36% del costo dalle rette pagate dagli utenti, come impone la legge che riguarda i servizi a domanda individuale” dice Girlando.
Questo dimostra che il piano di riequilibrio si può modificare, risponde Matteo Iannitti, direttamente chiamato in causa sulla questione asili, su cui Catania Bene Comune sta combattendo un’aspra battaglia insieme ad un comitato di genitori e lavoratori. Quello che deve coincidere, prosegue, è il totale della spesa, senza però che le scelte debbano ritenersi obbligate. Intanto il famoso 36% si riduce ad un 18% sulla base di quanto previsto dal testo unico degli enti locali e non è vero che questa percentuale del costo debba essere ricavata solo dalle rette pagate dalle famiglie, potendosi utilizzare anche contributi finalizzati che si può cercare di reperire.
Se è vero che, per assicurare a 115 bambini la possibilità di pagare una quota pari a zero per mezza giornata e a 50 bambini di pagare 24 euro per il pomeriggio, servono 325 mila euro, ebbene -denuncia Iannitti- questa cifra è la stessa che il Comune ‘regalerà’ per 23 anni alla famiglia Virlinzi sulla base dell’accordo bonario stipulato dall’amministrazione Stancanelli con la Parcheggio Europa s.p.a.
E comunque il sistema di rette previsto dal Comune è iniquo, prevede infatti che tutti gli utenti paghino la stessa somma, indipendentemente dal reddito. Fino all’anno scorso “chi aveva un reddito di 36mila euro pagava 228 euro, con il nuovo sistema ne pagherà 150, vale a dire che i ricchi pagheranno di meno e i poveri l’800% in più”.
Inaccettabile, a suo parere, anche la proposta -avanzata dall’assessore Trojano- di istituire delle strutture alternative agli asili (spazi bambini) per un ridotto numero di bambini, utilizzando i soldi della 285. Il rischio è la ghettizzazione di questi bambini, oltre al fatto che sarebbero usate impropriamente somme da destinare solo a casi limite del disagio sociale.
Bene, invece, che gli asili vengano ridotti da 15 a 14, considerato che il quindicesimo è
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