Dal 2006 ad oggi sono stati spesi oltre 600 milioni di euro per il Frontex, il progetto per il controllo e l’assistenza ai profughi. Ma quanti per il controllo e quanti per l’assistenza? E soprattutto con quali risultati?
Da alcune inchieste pubblicate di recente emerge che la spesa più rilevante è quella relativa al controllo, mentre quella relativa allaassistenza manca o suscita molte perplessità.
Dall’Espresso del 31 ottobre 2013 (Frontex dello spreco di Piero Messina e Francesca Sironi) apprendiamo che:
• dei 122 milioni del Piano nazionale sicurezza (di cui 50 messi dall’Italia e 70 offerti dall’Europa) ne sono stati spesi solo 30. Gli altri 92 dovrebbero essere spesi entro il 2015, se non vogliamo restituirli;
• 50 milioni di euro sono stati previsti per 56 Centri Polifunzionali, per lo più per ristrutturare vecchi palazzi, capannoni industriali in disuso ed ex Opere Pie, ma dal 2007 ad oggi non ne risulta completato nemmeno uno;
•il numero dei posti letto non è mai proporzionale ai soldi richiesti: con 2 milioni di euro il comune di Caltagirone realizzerà 88 posti letto; la Giunta di Termini Imerese con la stessa cifra solo 9 posti letto;
• 1,5 milioni di euro sono stati spesi dal dipartimento del Lavoro della Regione Sicilia per finanziare un progetto di ricerca sull’integrazione professionale dei migranti (Al-khantara) per raccogliere 300 interviste, aprire un sito WEB già chiuso e pagare 18 mesi di stipendi ad esperti, fra cui spicca Daniela Misuraca, sorella di un deputato PDL;
• Oltre 1 milione di euro è stato assegnato all’Istituto nazionale di economia agraria per uno studio sull’impiego degli immigrati nei campi;
• 3 milioni di euro ad una rete di associazioni per uno studio sulle prospettive dei rifugiati politici in Italia: “3 milioni destinati ad osservarli mentre molti continuano a vivere in condizioni drammatiche”;
Ancora più ingenti le somme spese sul fronte della sicurezza: 300 milioni di euro è la dote di Frontex relativa alla rete di vigilanza dei confini, di cui:
• 14 milioni di euro per una piattaforma telematica che collega i desk della polizia di frontiera alla rete di ambasciate e consolati (colpita da un’incursione hacker appena avviata);
• 96 milioni di euro per 3 aerei e 5 elicotteri assegnati alla Polizia di Stato, due dei quali rimasti a Pratica di Mare, lontano dalle zone calde degli sbarchi e dei naufragi;
• 27 milioni di euro per utilitarie, fuoristrada, pullman e minibus, acquistati a oltre 20.000 euro ciascuna; molti di essi, secondo il sindacato di categoria, sono stati destinati ad altri compiti, come il servizio si scorta di alti dirigenti di stato e di politici.
Da un’inchiesta di Antonello Mangano e Sara Prestianni, Frontex, il muro sul Mediterraneo. Mezzo miliardo speso e pochi risultati, apprendiamo che sono stati spesi:
• 35 milioni di euro per avviare entro dicembre un altro programma di sorveglianza delle frontiere (Eurosur);
• 20 milioni, nel 2013, per spese relative allo staff: stipendi, formazione e servizi;
• 31 milioni per il pattugliamento aereo, marittimo e terrestre; 6 dei quali per ricerche e “analisi del rischio”;
• centinaia di migliaia di euro per i rimpatri forzati: solo con la Nigeria 176.000 nel 2012 per 193 persone riportate a Lagos;
• 3 milioni di euro per garantire la manutenzione ordinaria delle unità navali della Guardia di Finanza cedute dall’Italia alla Guardia Costiera Libica;
Somme imprecisate ma ingenti:
• per l’addestramento delle guardie costiere africane e di migliaia di poliziotti libici in Sicilia e Sardegna;
• per la fornitura di attrezzature e abbigliamento alle forze libiche;
• per la bonifica dei porti da ordigni e relitti.
E, nonostante tutti questi progetti e iniziative, i migranti continuano a morire in mare e se arrivano in Italia come rifugiati aspettano anni prima di essere riconosciuti tali. Così possiamo avere più materiale umano per le interviste d’oro e per i progetti di integrazione e di studio che producono benefici solo a chi ottiene i finanziamenti.
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mgb