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Convegno SFI a Catania, la Filosofia r-esiste

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Chi l’avrebbe mai detto che nell’era di Internet ci sia una crescente ‘domanda civile di filosofia‘? Intercettare questo bisogno é stato l’obiettivo, il tema e il titolo del XXXVIII Congresso nazionale della Società Filosofica Italiana (SFI), svoltosi a Catania tra il 31 Ottobre e il 2 Novembre. E il Rettore Giacomo Pignataro, intervenuto per porgere i saluti dell’Università di Catania ai congressisti ha parlato della Filosofia come presupposto delle altre discipline: “E’ un importante momento culturale per Catania, visto che pone l’accento su un campo, quello della filosofia, che sta alla base di tutte le altre discipline”.
Perché la filosofia oggi? Quali le sue modalità d’espressione? Quale il suo ruolo nella società globalizzata? A queste ed altre domande hanno cercato di rispondere gli ospiti intervenuti, provando a captare il vivace e inaspettato interesse per la filosofia che negli ultimi anni sta animando la società civile. Interesse a dir poco sorprendente nell’età dei tecnicismi economici che spesso soffocano – dice il filosofo Nuccio Ordine- la straordinaria “utilità dell’inutile”.
“La prospettiva del filosofo è rappresentata dal dipinto del Seneca suicida che avevo di fronte durante la mia seduta di laurea all’Università di Torino?” -ironizza Maurizio Ferraris, professore ordinario di Filosofia teoretica presso l’Università di Torino, in apertura dei lavori- “O è ancora l’unico strumento per poter uscire dallo stato di minorità di cui parlava Kant?”.
A riguardo, Ferraris non ha alcun dubbio nell’affermare l’“esistenza-resistenza” della filosofia oggi, in controtendenza con il secondo Novecento “che erigeva la morte della filosofia a suo leitmotiv”.
“Il filosofo deve essere un po’ come Cristoforo Colombo” spiega Giulio Giorello, ordinario di Filosofia della Scienza presso l’Università Statale di Milano. “Deve spingersi in mare aperto, andare oltre, cambiare modo di pensare, senza seguire fantomatiche bussole. La domanda civile che si pone oggi alla filosofia è quella di aprirsi verso altri ambiti della conoscenza”.
E ancora, a conclusione della prima sessione, il tedesco Gereon Wolters, filosofo dell’Università di Costanza, nell’affrontare il tema della filosofia nel mondo globalizzato, punta il dito sulla tematica della ‘universalizzazione etico-culturale‘, mettendo in rilievo la questione della lingua comune.
Se da una parte, infatti, elogia l’inglese quale strumento di comunicazione globale, dall’altra denuncia il ‘campanilismo globalizzato‘, l’autocompiacimento della propria cultura tipico dei NES (Native English Speakers), a danno dei NoNES (Non-native English Speakers). Atteggiamento che conduce la lingua universale a non essere più ponte tra le diversità, ma fonte di disparità.
Dopo gli interventi magistrali della prima giornata, tutti di alto livello, si sono snodati -nei giorni seguenti- le sessioni parallele su temi di forte pregnanza civile: matrimoni omosessuali, diritti umani e democrazia, identità europea, filosofia e nuovi metodi d’insegnamento.
Iniziativa certamente encomiabile sul piano simbolico e indice di un rinnovato fervore culturale che anima la città etnea. Ma la risposta lo è stata altrettanto? Sorgono alcune perplessità a riguardo. L’esigua partecipazione della società civile sembra smentire nei fatti, ahimè, quell’avvertita esigenza di filosofia al di fuori dei consueti e tradizionali contesti (licei e università).
Certamente una maggiore promozione e informazione dell’evento da parte degli organi addetti, comunque, avrebbe favorito una partecipazione più ampia. E ancora, il linguaggio a tratti poco chiaro ai non addetti ai lavori, la scarsa organicità e il carattere spesso autoreferenziale di numerosi interventi, nella maggior parte dei casi letti per intero (“il breve tempo a disposizione” può essere realmente una giustificazione?), sembrano aver tradito il nobile intento del convegno.
Un’occasione simile rappresenta un momento di confronto e di crescita per la società e per la stessa ricerca filosofica, la quale non deve solo provare a rispondere alla “domanda civile” che le si rivolge, ma farsi promotrice di nuove domande alla società. In fondo, è nella natura della filosofia porsi e porre sempre nuovi interrogativi, con una critica e un’autocrica costante nell’interpretare la realtà e scorgerne le nuove esigenze.
Questo è il suo ‘dovere ontologico‘ e insieme il più grave limite del congresso che, nella percezione generale, non sembra essere riuscito del tutto ad adempiere a tale dovere.

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