Quest’ultimo è stato indicato dai media come la manifestazione dei No Tav. Un errore voluto proprio per evocare, in lettori distratti e poco informati, possibili atti di sabotaggio. Visto che non tutti sanno che in Val Susa è un’intera valle, e non pochi disperati estremisti, che si oppone alla devastazione ambientale prodotta da un progetto, quello dell’alta velocità, inutile e pericoloso per la vita e la salute degli abitanti.
Lo sciopero di Cobas e USB ha avuto una buona, e sostanzialmente corretta, copertura dei mezzi televisivi, mentre è passata, di fatto, sotto silenzio all’interno della carta stampata.
Il corteo è stata “raccontato”, con grande risalto, da tutti i media. Peccato che i mezzi di informazione abbiano letteralmente inventato ciò che è accaduto il 19.
Qualcuno della redazione di Argo era a Roma per manifestare, così come era presente a Niscemi quando buona parte di un corteo era pacificamente penetrata all’interno della base navale USA (quella del Muos). Come a Niscemi furono inventati scontri con le forze dell’ordine, così a Roma è stata descritta una guerriglia urbana che, semplicemente, non è mai avvenuta. Tanto che persino il ministro Alfano ha dovuto dare atto agli organizzatori della “correttezza” del corteo.
Su Il Fatto del 20 ottobre, che
Un’accusa precisa: quella di aver parlato solo di un episodio marginale senza spiegare le ragioni di un corteo ampio e colorato. Poiché non è proprio possibile immaginare tutti i cronisti presenti ‘distratti’, non resta che prendere atto di una scelta sostanzialmente unanime.
Su L’Unità c’era scritto “Black bloc: allarme per il corteo di Roma”. Non era da meno Libero, “Il 19 ottobre vogliamo dare vita ad una sollevazione generale”, si poteva leggere in prima pagina, come se fossero dichiarazioni degli organizzatori.
Date queste premesse, non stupiscono i servizi giornalistici del 20 ottobre. Si accendono i riflettori su un episodio assolutamente marginale (quello descritto da Perrotti), che viene decontestualizzato perché possa rappresentare l’intera manifestazione.
Nessun giornale, tranne Il Manifesto (l’unico a parlare delle ragioni del corteo, a partire da un titolo appropriato “Invisibili”) proporrà una foto del corteo. Tutte le immagini utilizzate faranno riferimento a quell’unico episodio di pseudo-guerriglia.
Non saranno da meno i titoli delle prime pagine. Il Corriere della Sera: “Scontri paure disagi. La protesta blocca Roma”; Repubblica: “Sfilano gli antagonisti. I black bloc attaccano: guerriglia a Roma”; La Stampa: “Roma tensione e bombe carta al corteo degli antagonisti ma il piano sicurezza funziona. Decine di migliaia in piazza 15 fermi”, affiancato da: “Quindicenni senza sigle i nuovi incappucciati”;
Scriveva, nel 1978, Leonardo Sciascia “Un tempo i giornali erano ‘letti’ prima che uscissero, letti interamente, in sede di controllo redazionale. Oggi si ha l’impressione che la prima lettura del pezzo giornalistico avvenga quando il giornale è già in edicola. La stessa etica professionale si è corrotta. Ho l’impressione che i giornalisti non siano più sui luoghi o, più precisamente, che, pur essendoci, è come se non ci fossero, tanto le loro opinioni preesistono ai fatti”.
Di fronte a un così radicale rovesciamento dei fatti, proviamo a ricordare per cosa si è manifestato il 20. “Vogliamo la fine dello sfruttamento sui luoghi di lavoro e la riduzione dei salari e dei continui ricatti a cui sono sottoposti giovani e adulti in merito alle chiusure di aziende. Chiediamo il diritto alla casa e la fine degli sgomberi, misure contro il
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