Categories: Istruzione

Laura Boldrini e i cervelli non in fuga

Boldrini, Pignataro e i ragazzi della Scuola Superiore

I protagonisti sono stati loro, i tre ragazzi siciliani che hanno raccontato le loro storie nell’aula magna dell’Università durante l’incontro della presidente della Camera Laura Boldrini con gli universitari catanesi. Tema: Talenti del Sud che sfidano la crisi. E questi tre giovani hanno lanciato le loro sfide e hanno vinto.
Luca Naso è un astrofisico, laurea e diploma alla Scuola Superiore di Catania, dottorato presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, collaborazioni con Padova, Varsavia e Oxford e, infine, la ricerca a Pechino. Dopo 8 anni torna però in Sicilia per “chiudere il cerchio” e inizia a lavorare per EdisonWeb, azienda che si occupa di digital signage nel settore della comunicazione digitale e che, pur avendo il proprio “quartier generale” nel piccolo paesino catanese di Mirabella Imbaccari, ha una statura internazionale. “Abbiamo il dovere di sognare,- dice- la dimensione che prende il nostro mondo è quella determinata dai sogni che alla fine si realizzano”.
Emanuele Francesco Pecora, fisico della materia, ricercatore per 2 anni alla Boston University, adesso PostDoctoral Scholar alla Stanford University. Lavora ad un progetto sull’utilizzo delle nanotecnologie per migliorare l’efficienza delle celle fotovoltaiche. Anche Emanuele non perde il contatto con la sua terra. Il suo progetto è infatti finanziato da “3Sun”, azienda catanese leader nel settore della produzione di celle fotovoltaiche in Italia e molto competitiva anche su scala internazionale.
“Ci sono tre parole-chiave che messe insieme sembra che stonino: talenti, sfide e Sud. – afferma il fisico- Io voglio provare a convincervi che metterle insieme è possibile e che se lo facciamo la strada che percorreremo è quella che porta al successo”. Continua però con amarezza: “Il problema in Italia è che manca un sistema che supporti i talenti, che supporti i giovani. – poi continua – La vera differenza tra l’Italia e gli altri Paesi è che gli altri Paesi sono strutturati per supportare i migliori, per motivare le eccellenze e dare loro gli strumenti per ottenere successo”.
Sul tema di attrarre eccellenze torna anche Filippo Caruso: “Dobbiamo invertire il processo di fuga e far sì che l’Italia sia in grado di attrarre eccellenze anche dall’estero”. Anche lui laurea in fisica a Catania, diploma alla SSC, dottorato di ricerca presso la Scuola Normale di Pisa. Adesso è ricercatore allo European Laboratory of Non-linear Spectroscopy dell’Università di Firenze, oltre che coordinatore nazionale di un progetto di ricerca finanziato nell’ambito del programma ministeriale “FIRB – Futuro in Ricerca”.
Anche la presidente della Camera invoca una diversa politica e un diverso intervento dei privati: “Abbiamo il dovere di essere ottimisti, questi ragazzi sono la prova vivente che esiste una risposta alla crisi e la stanno delineando indicandoci la direzione: il modello di sviluppo deve essere fondato su innovazione e ricerca”. “Parlate di loro!” – continua Boldrini- “Sono terapeutici, fanno bene al Paese. Questi ragazzi stanno dando a tutti noi, alla politica, alle istituzioni, una lezione su come l’Italia possa ripartire, a cominciare dal Sud”.
Successivamete, in seguito alle domande della giornalista moderatrice, l’incontro con Laura Boldrini prosegue -come dire?- fuori tema, pur toccando argomenti fondamentali come immigrazione e strage di Lampedusa, identità di genere e femminicidio, legge elettorale, distacco tra politica e cittadini, parametri di stabilità europei. Vengono però abbandonati i temi stabiliti per l’incontro, i talenti del Sud, la crisi, l’innovazione, la ricerca, la fuga dei cervelli.
Si sarebbe potuto discutere dei motivi che stanno alla base della scelta dello Stato di dare incentivi alle imprese private e non alle infrastrutture pubbliche e, in particolare, ai centri di ricerca dei dipartimenti universitari nazionali. Se è oggettivamente vero che l’impresa privata investe sulla ricerca solo se può trarne un vantaggio economico, non è altrettanto scontato che l’utilità dell’impresa (magari incentivata dallo Stato) coincida con l’utilità sociale e con il bene della collettività.
Si sarebbe potuto discutere dei motivi che portano lo Stato, al di là dei buoni propositi, a decidere sistematicamente di non investire sulla ricerca e sul merito.
Lo aveva detto Emanuele Pecora: “Manca un sistema che supporti i talenti”, ma soprattutto sembra mancare la volontà di inserire questo tema all’ordine del giorno dell’agenda politica, sembra mancare la consapevolezza del carattere prioritario di tale argomento, la volontà della politica di impostare realmente un modello di sviluppo su innovazione e ricerca. Forse è già troppo tardi: le parole, smentite così clamorosamente dai fatti, non bastano più.

Argo

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