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Naufragio Sirio, quando i migranti eravamo noi

La mattina del due agosto del 1906 salpava da Genova alla volta del Brasile il piroscafo veloce Sirio. La rotta transatlantica per il Sud America non avrebbe dovuto presentare nessuna difficoltà, eppure ad appena due giorni dalla partenza, il 4 di agosto, il Sirio s’incagliò nel basso fondale di fronte a Capo Palos, lungo la costa spagnola.
L’urto fu terribile: “abbiamo sentito uno scricchiolio prolungato poi un colpo violento come una cannonata. Siamo piombati in acqua”, raccontò Felice Serafini, un sopravvissuto vicentino che quel giorno perse la moglie incinta e sei dei suoi otto figli.
Parecchie persone, sbalzate fuori bordo, morirono annegate, poi scoppiò il finimondo: i passeggeri correvano impazziti lungo il ponte come topi in trappola, le scialuppe si rivelarono insufficienti, molte si rovesciarono perché malamente messe in acqua, alcune affondarono per il troppo carico.
Secondo la testimonianza di un naufrago, l’ingegnere Maggi, il terzo ufficiale Baglio si mise in salvo abbandonando le operazioni di soccorso. Considerando che la nave non affondò che dopo ben sedici giorni, le centinaia di morti furono imputate ad una totale incapacità nell’organizzare i soccorsi; anche il comandante Piccioni fu inquisito ed addirittura accusato di aver abbandonato prima del tempo la sua nave.
Fu in seguito prosciolto da tutte le accuse, ma ciò non toglie che non siano mai state chiarite le circostanze che causarono il naufragio né furono indagati a fondo i motivi che portarono a pagare un costo così elevato di vite umane.
I morti ufficiali furono 293, ma la stampa dell’epoca, mai smentita, stimò a poco meno di 500 il numero delle vittime. Ma perché la nave era andata ad incagliarsi in un fondale di cui tutte le mappe nautiche riportavano con accuratezza ogni dettaglio?
Una questione, appunto, ancora oscura: ai tempi si parlò di una certa faciloneria della Compagnia di Navigazione Italiana, che navigava spensieratamente lungo gli oceani senza munirsi di carte nautiche… ma, pur continuando ad avere sotto gli occhi esempi recenti di una certa avventatezza tutta italiana nel navigare, si stenta a credere ad una simile ipotesi, che comunque inferse un duro colpo al prestigio della Compagnia di Navigazione Italiana a tutto vantaggio della concorrenza straniera.
Oggi, nel piccolo museo di Capo Palos dedicato al naufragio del Sirio, fanno bella mostra di sé numerosi volantini dell’epoca che servivano a pubblicizzare un’attività redditizia alla quale la Compagnia di Navigazione si dedicava volentieri: lungo la rotta si effettuavano varie soste “fuori programma” per

caricare a bordo i passeggeri che non avevano potuto raggiungere il porto principale: ieri come oggi era povera gente, che aveva venduto tutto per pagarsi il viaggio e vivere il sogno di un avvenire migliore.
“E da Genova i Sirio partivano /per l’America varcare, varcare i confin”
Più di mille e duecento persone si ammucchiavano in enormi camerate sottocoperta, mentre le cabine di lusso ospitavano 48 passeggeri ed 80 occupavano le camere di seconda classe.
La Compagnia dunque non seguiva del tutto la rotta né il programma ufficiale, e questi scali per imbarcare “clandestini” potrebbero spiegare lo strano, altrimenti inspiegabile, incidente.
“Padri e madri bracciava i suoi figli / che sparivano tra le onde, tra le onde del mar”
Tra i canti di dolore e di nostalgia che accompagnarono questa grande ondata di emigrazione italiana c’è anche questo, a ricordare il terribile naufragio. E rimangono i poveri resti, tumulati nei cimiteri nei dintorni di Capo Palos: sono quasi 500, le lapidi, ancora leggibili, riportano nomi e cognomi italiani.
Ed è più di quanto possiamo sperare per le migliaia di anonime persone che a tutt’oggi annegano nel tentativo di arrivare via mare nella “fortezza europa” e che, se non giacciono insepolte nelle profondità del Mediterraneo, vengono tumulate senza che neppure un nome possa rimanere a testimonianza che anche loro hanno abitato questo nostro stesso mondo.

Argo

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  • APPELLO: Le PETIZIONI contro la BOSSI-FINI
    La Petizione non è uno strumento risolutivo. Però, è uno strumento primario della democrazia.
    Serve a “misurare” il peso delle coscienze civili e democratiche, a scuotere, a sensibilizzare coloro che detengono il potere decisionale, a mettere sul “piatto” dell’attenzione una questione che è assolutamente prioritaria sulla scala dei Valori fondativi del nostro Paese, come sanciti dalla Costituzione.
    Principi nominali e materiali, specie per i profughi e rifugiati, che sono stati ampiamente stravolti nel corso dell’ultimo ventennio, dimenticando gli enormi sacrifici che sono stati necessari per la Sua costruzione.
    Un momento di “ dimenticanza”, con l’inserimento di odiose forme di discriminazioni, pagato a caro prezzo da tanti uomini, donne e bambini provenienti da altre aree territoriali, terre di atroci sofferenze.
    Se possono liberamente circolare le merci prodotte dagli umani, perché, memori delle tragedie di un recente passato, il veto e la “marchiatura” dovrebbero essere posto ai “produttori”.
    Certo La Petizione dovrebbe essere corroborata dalla presenza fisica. Quando lo sdegno è grande le regole umane prevedono la manifestazione, l’esternalizzazione, forte ed incisiva, della propria contrarietà.
    Come successo a Catania sabato scorso. Sotto una pioggia battente in trecento si sono mossi in corteo.
    Nella speranza che si costruisca con grande urgenza un ampio Movimento nazionale per la difesa dei diritti umani, contro tutte le forme di razzismo in essere, per determinare un ampio e diffuso livello di lotta, almeno ora si FIRMI la petizione.
    In questo momento nella rete internet ce ne sono tre!
    Richiedono l’abolizione della legge Bossi-Fini, del reato di clandestinità, l’Appello per l’apertura di canali umanitari .
    In ordine cronologico:
    Quella promossa da “Famiglia Cristiana”, in corso dal mese di luglio: “Aboliamo il reato di clandestinità”, ad ora ha avuto 7939 adesioni.
    Per aderire http://www.famigliacristiana.it/speciali/aboliamo-il-reato-di-clandestinita/default.aspx
    Dal 3 ottobre è in corso la petizione promossa da “ Progetto Melting Pot Europa” - Appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa per il diritto d’asilo europeo – sostenuta da un’ampia rete sociale, si chiede tra l’altro “ la messa al bando della Bossi.Fini”. Ad ore le adesioni sono 18.689.
    Adesione: http://www.meltingpot.org/Appello-per-l-apertura-di-un-canale-umanitario-fino-all?debut_signatures=40#pagination_signatures
    Infine, da alcuni giorni è in corso la petizione promossa da “ La Repubblica”, con oltre 83.000 adesioni :
    http://temi.repubblica.it/repubblica-appelli/?action=vediappello&idappello=391312&show=firme&pag=414
    Nessuno volti le spalle. A Lampedusa sono allineate 328 bare che aspettano giustizia.
    In questo momento si gioca una “partita” fondamentale per l’abolizione della BOSSI-FINI.
    ADERISCI ANCHE TU!

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