Ancora qualche giorno per visitare una mostra molto interessante in cui sono esposte edizioni rare di fumetti, noti e meno noti, che Bruno Caporlingua ha messo a disposizione del pubblico dalla propria collezione privata. La mostra è ospitata dal Comune di Viagrande nel bel palazzo Turrisi Grifeo di Partanna, alle porte del paese per chi viene da Catania, e resterà aperta fino al 22 settembre.
Dobbiamo l’iniziativa alla Fondazione Marco Moltalbano, costituita -in nome del figlio, scomparso giovanissimo in un incidente- da Paolo Montalbano e Laura Maria Attaguile, affiancata, dopo la morte di Paolo, dal fratello di quest’ultimo, Serafino Montalbano,
Una famiglia che da anni, per valorizzare un interesse del ragazzo scomparso, aiuta tutti -anche gli scettici- a riscoprire l’importanza del fumetto come forma di arte e di cultura.
Il tema scelto per la mostra di quest’anno, “I fumetti nella bufera della seconda guerra mondiale” è ispirato al decennale dello sbarco alleato in Sicilia. A corredo della mostra, i cui pannelli sono arricchiti da schede esplicative molto accurate, due incontri.
Il primo, “Fumetto e guerra”, si è svolto sabato scorso, è stato aperto dalle relazioni di Caporlingua e di Saro Mangiameli, con un intervento dell’artista e docente Angelo Pavone e la moderazione di Giuseppe Strazzulla, appassionato di fumetti e coordinatore provinciale di Libera, di cui la Fondazione Montalbano fa parte.
Il secondo, previsto per le ore 18 di sabato prossimo, verterà sul rapporto tra “Fumetto e fantascienza”, con la partecipazione di Claudio Chillemi.
Intelligente la scelta di Mangiameli, ordinario di Storia Contemporanea all’università di Catania, che ha evitato -nella sua relazione- di annoiare il numeroso uditorio con una ricostruzione storica dello sbarco e ha centrato il proprio intervento sul valore del fumetto, forma di cultura popolare che veicola in modo semplificato e immediato contenuti anche impegnativi.
Facendo riferimento alla propria esperienza giovanile di lettore ‘clandestino’ di fumetti, ha ricordato come questa tipologia letteraria, la cui diffusione in Italia si colloca proprio tra le due guerre, sia stata ostracizzata dalla cultura ufficiale e sconsigliata alle giovani generazioni da genitori e insegnanti.
Fu guardata con sospetto anche dal governo fascista che, pur interessato alle forme di comunicazione di massa, la considerò troppo ‘americana’ e solo dopo il 1934 la utilizzò come veicolo delle parole d’ordine propagandistiche e patriottiche.
Vivace ed essenziale la relazione di Caporlingua che ha privilegiato un approccio molto ampio al tema della guerra nei fumetti, scegliendo alcune ‘chicche’ all’interno della sua vastissima cultura sull’argomento.
Ecco quindi il tema della guerra tra generazioni, a partire dalle storie tardo-ottocentesche dei due monelli Max e Mortiz, disegnate dall’umorista tedesco Wilhelm Busch, la più lunga serie di fumetti mai pubblicata, a cui si è ispirato Rudolph Dirks nella realizzazione dei celeberrimi Bibì e Bibò (Hans & Fritz).
Ecco la guerra tra i sessi, prima con i personaggi di Blondie e Dagwood (Dagoberto), e poi con la serie “Bringing up father”, i cui personaggi diventarono in italiano Arcibaldo e Petronilla. Nella serie del cartoonist Al Capp, la bionda avvenente Daisy, che riesce a sposare il bramato Lil Abner, anticipa addirittura il personaggio di Marilyn Monroe e viene immortalata dalla copertina di Life.
Ma ci sono anche le guerre tra mosche e insetti delle Silly Symphonies (contenenti riferimenti alla prima guerra mondiale) e le ricostruzioni storiche, a partire dalla più famosa guerra dell’antichità, quella di Troia, che ha ispirato nel tempo diversi autori con varie impostazioni.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la storia del fumetto, condizionata dagli eventi politici e militari, assunse caratteristiche diverse nei vari paesi.
Il fumetto divenne strumento di propaganda o di opposizione, mise alla berlina i nemici e descrisse imprese eroiche, ed è già tanto che continuasse a vivere, anche se ridimensionato dalla penuria di carta e di inchiostro, dall’arruolamento degli artisti, dagli episodi di censura.
Ad essere ‘arruolati’ negli USA furono anche i personaggi dei fumetti, utilizzati per tenere alto il morale dei soldati e allietarne i momenti di relax, per demonizzare il nemico tedesco e giapponese, ma anche per “insegnare a leggere a migliaia di giovani analfabeti arruolati”. Gli autori portarono il loro contributo anche disegnando libretti di istruzioni militari e manuali di aiuto ai soldati, perfino poster per insegnare a distinguere i cinesi dai giapponesi…
Dopo la fine della guerra continuò la realizzazione di fumetti che ad essa si ispiravano come nella serie Eroica, disegnata da artisti italiani -tra cui Hugo Pratt- per editori britannici. Ma cominciarono a circolare anche album di storie in cui la guerra veniva trattata senza retorica e raccontata pure dal punto di vista dei perdenti.
Un cambiamento di sensibilità? Forse solo una speranza e Caporlingua chiude citando Tiziano Terzani: ‘In tutta la storia ci sono sempre state delle guerre. Per cui continueranno ad esserci’ si dice. ‘Ma perché ripetere la vecchia storia? Perché non cercare di cominciarne una nuova?‘ rispose Gandhi a chi gli faceva questa solita, banale obiezione. (Lettere contro la guerra)
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