Un intervento di Giuseppe Belluardo
Da giorni trattenuti in condizioni di precaria accoglienza da parte della prefettura di Catania. Unico supporto umano e di garanzia del rispetto dei loro diritti è stato garantito dall’ARCI e dagli antirazzisti catanesi (comitato spontaneo a cui prendono parte Rete Antirazzista Catanese, Catania Bene Comune, Collettivo Politico Experia ed altre organizzazioni radunatesi per garantire solidarietà ai migranti fortunosamente sbarcati a Catania).
L’ARCI, in particolare, in qualità di ente di tutela accreditato ha garantitola presenza di mediatori culturali, pediatri, medici donne, psicologi disposti sin da subito a collaborare affinché i siriani rimasti nella struttura si facessero identificare per poi chiedere protezione internazionale.
I profughi accolti però, consapevoli della scarsa capacità d’accoglienza italiana e vogliosi di raggiungere i propri parenti già arrivati in nord Europa, hanno deciso tutti di non farsi identificare.
Come da tempo fanno anche gli eritrei (vedi il caso delle proteste a Lampedusa) il loro sforzo è rivolto a contrastare la normativa europea sul diritto d’asilo, la quale prevede che i richiedenti protezione internazionale possano essere accolti solo nel primo paese in cui giungono all’interno dei confini dell’UE.
La norma, il regolamento 343/2003 il così detto Dublino II prevede chela competenza sull’identificazione e la protezione internazionale dei richiedenti asilo giunti in Unione Europea spetti al primo stato in cui arrivano o, di fatto, il primo stato in cui vengono identificati.È proprio questo il vincolo che i siriani cercavano di aggirare.
Non volevano assolutamente farsi identificare. “Italia NO”, “freedom”e “open the door” gridavano i bambini all’interno di questa informale struttura detentiva, la scuola Andrea Doria di Via Grassi a Catania.
Per quattro giorni hanno rifiutato l’identificazione con foto-segnalazione e rilevazione di impronte digitali sostenendo, come effettivamente è, che questo gli avrebbe impedito di raggiungere parenti e amici in Germania, Svezia, Norvegia.
Diversi hanno avviato anche lo sciopero della fame, ma gli operatori di polizia non lo hanno neanche capito o, come forse è più probabile che sia andata, hanno fatto finta di non vedere. Difficile comunicazione all’interno tra forze dell’ordine e sfollati trattenuti contro la loro volontà.
Solo grazie ai mediatori dell’ARCI si è cercato di convincerli a farsi identificare anche perché la ministra Kyenge in persona si era fatta garante di un rapido ricongiungimento di queste persone con i propri parenti nei vari paesi nord-europei.
Nessuno però ha confermato ufficialmente questo accordo ai siriani trattenuti nella scuola, per cui la protesta è continuata ad oltranza, fin quando, oggi pomeriggio,l’identificazione è avvenuta nel peggiore dei modi possibili.
Infatti, con l’inganno di vedere un avvocato, i siriani sono stati trasportati, a gruppi di circa 5 persone per volta, presso i locali della polizia scientifica dove sono stati identificati con la forza.
Il racconto che hanno fatto al loro rientro comunicando ad alta voce col presidio degli antirazzisti presenti da giorni lì davanti a garantire solidarietà è drammatico.
Si parla di donne a cui è stato strappato il velo con la forza, di bambini trattenuti dai poliziotti per obbligare gli adulti a farsi identificare (non era del resto necessario che i minori accompagnassero gli adulti per le procedure di identificazione), di uomini malmenati quando hanno cercato di opporsi.
Ovviamente la Polizia avrà gioco facile a smentire quanto dichiarato dai bambini siriani, ma il fatto certo sono i 2 contusi, di cui uno con un braccio rotto e l’altro con la gamba fasciata, dopo che erano partiti perfettamente integri prima del trasferimento nei locali della scientifica di Catania. Questi i fatti. A breve anche un video girato dagli antirazzisti presenti sarà diffuso alla stampa.
L’Italia sta facendo l’ennesima brutta figura internazionale sulla gestione dell’accoglienza ai migranti, e, nel caso di questi giorni a Catania, a sfollati in fuga da una guerra che ha già prodotto 100 mila vittima e più di tre milioni di sfollati, come denunciano organizzazioni ONU.
L’epilogo di quest’ennesima vicenda – gestita, come sempre in questi casi, con i canoni dell’emergenza e dell’ordine pubblico, piuttosto che dell’accoglienza reale con mediatori linguistici,culturali e legali, la presenza di un presidio sanitario stabile nella struttura e il libero accesso di legali e di associazioni che vigilassero sul rispetto dei diritti dei migranti – è lo spostamento degli sfollati presso il CARA di Mineo, struttura tristemente nota per essere tutt’altro che accogliente.
Siamo alle solite. Le istituzioni italiane non sanno accogliere e i siriani l’hanno ben capito. Per questo motivo vogliono andarsene via e la polizia chiude spesso tutti e due gli occhi per lasciargli attraversare liberamente il territorio nazionale affinché raggiungano luoghi lontani e più efficienti nell’accoglienza. Farebbe comodo a tutti questa gestione tutta italiana dell’emergenza siriana.
Ma fino a quando? Altri sbarchi stanno per interessare le coste della Sicilia sud orientale. Si parla di 15-20 mila siriani in Egitto pronti a partire per l’Europa. Certo, come sempre, sarà tardi per preparare un vero piano d’accoglienza.
Le procedure d’emergenza saranno preferite anche perché permetteranno a molti di gestire soldi pubblici al di fuori della decenza con misure d’urgenza (senza gare d’appalto e requisiti necessari) che vedranno accreditati enti assolutamente incompetenti nella mediazione culturale con popoli di nazionalità e culture differenti, ma ben disposti a lucrare sulla pelle di chi ha perso tutto.
Ma si mettano almeno le organizzazioni antirazziste, quelle davvero interessate all’accoglienza e da anni impegnate sul campo, nelle condizioni di operare a favore della tutela, della dignità e della vera accoglienza di profughi,sfollati, perseguitati e migranti in fuga da guerre, da disastri ambientali e dalla povertà estrema.
Giuseppe Belluardo, 15 agosto 2013, Catania