E’ possibile accostare la musica blues statunitense alle ninne dei villaggi africani? Alle armonie bamilèkè del Cameroon? Ed ai canti popolari siciliani? Potrebbe sembrare ardito ma non lo è. Perché la musica non ha confini, le comuni radici si incontrano e, come ci ricorda il presentatore Marco Basso (citando la band italiana Perigeo) “abbiamo tutti un blues da piangere”.
Ci troviamo a Mascalucia per il primo dei tre eventi blues organizzati nell’ambito del festival Etna in Blues 2013. L’ottima band messinese degli Hideway (selezionata nell’ambito del concorso “on the road”) scalda l’ambiente con blues, funky e rhithim and blues di buon livello. Poi è la volta di Marco Corrao, bluesman siciliano apprezzato anche negli States per le sue sonorità essenziali e primordiali.
Alla fine della sua breve performance lo raggiunge sul palco Alfio Patti, cantastorie siciliano impegnato da anni in ricerche e studi sulla lingua siciliana, le poesie ed canti popolari più antichi. Insieme propongono un cocktail anomalo (ma non indigesto) di blues e sicilianità.
Il blues è emozione, reazione al dolore, grido di malinconia. E tanto gli schiavi neri delle piantagioni quanto i nostri emigranti hanno conosciuto le medesime emozioni. Da questa constatazione l’ accostamento sperimentato. Tutto interessante, anche perché accompagnato dalle introduzioni competenti di Marco Basso (critico musicale e presentatore radiofonico). Ma il meglio deve ancora venire.
Infatti arriva sul palco l’artista di punta della serata, accompagnato da una band strepitosa. Roland Tchakounté è nato e cresciuto a Douala, in Cameroon. Dopo il fallimento del primo “viaggio della speranza” in Europa riesce a raggiungere la Francia, dove mette a frutto la passione per la musica creando una miscela di grande suggestione tra antiche atmosfere africane e blues elettrico del Mississipi.
In effetti, in qualche melodia, sembra richiamare le armonie di Youssou N’Dour per poi esplodere in blues elettrici alla Jimi Hendrix (sua grande passione) e John Lee Hooker. La voce sa essere melodiosa e ruvidissima.
Il suo canto non è solo semplice intrattenimento, è anche un pianto che interroga le coscienze sul perché di così tanto dolore inflitto dagli esseri umani ai propri simili. La sublime chitarra di Mick Ravassant fa da cornice ad uno spettacolo di altissimo livello.
Una band generosa che non si ferma nemmeno davanti a 7 (dico 7!!!) fastidiosissimi black out, che avrebbero spezzato le gambe a tanti artisti snob che affollano i palchi di tutto il mondo. Ma forse il blues è anche questo, reazione alle avversità.
Così il quintetto si mostra generosissimo di fronte al pubblico grato e caloroso di Mascalucia. “One more blues!” grida sorridente Tchakounté, non curante delle troppe forzate interruzioni. Così, con un bis tiratissimo, si chiude uno spettacolo memorabile.
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