E’ giovane Isa, giovane e bella, ma ha già
Da qualche anno è ‘riemersa’ alla vita sociale e sembrava aver trovato una situazione di normalità, con un lavoro e una casa in affitto. Poi si è manifestata la malattia: una grande astenia, dolori forti, un calo anormale del ferro, l’impossibilità di proseguire il lavoro e quindi di continuare a pagare la casa.
Per sostenerla si è mosso il Centro Astalli, che la ragazza frequentava da quando era arrivata in Italia, e molta comprensione hanno dimostrato sia la padrona di casa, che ne accetta le morosità, sia il datore di lavoro che, sebbene non possa contare più sull’opera delle sue braccia, non l’ha ufficialmente licenziata per non esporla al rischio di espulsione. Per quanto tempo ancora?
Nel frattempo Isa sta cercando di curarsi, anche se alcuni valori delle sua analisi sono troppo bassi e non consentono di accertare la sospetta diagnosi di anemia falciforme. Ed è qui che salta fuori l’inghippo.
Isa ha un permesso per motivi umanitari, è quindi regolarmente iscritta al Servizio Sanitario Nazionale e deve pagare il ticket sulle prestazioni.
Per essere esentata dal ticket Isa dovrebbe essere iscritta alle liste di collocamento come “licenziata” ma, se risultasse licenziata, rischierebbe di perdere il diritto a restare in Italia. Un paradosso.
La legge prevede, infatti, che possa continuare a vivere in Italia solo se ha un lavoro e -se lavora- deve pagare il ticket come tutti. Se perde il lavoro, si deve iscrivere alle liste dei disoccupati e ricevere un permesso di soggiorno “per attesa occupazione” che dura 6 mesi, durante i quali deve assolutamente trovare un lavoro regolare con contratto, pena l’espulsione.
Il problema non è, evidentemente, solo suo. Tutti i rifugiati vivono questa contraddizione. Chi esce dal percorso di protezione e ottiene lo status di rifugiato, essendo in attesa di prima occupazione, non ha diritto all’esenzione.
Una persona che ha bisogno di cure come Isa e non può, almeno per adesso, lavorare si trova in una spirale senza via d’uscita.
I ticket, infatti, come sanno anche i cittadini italiani, non sono a buon mercato ma la sua difficoltà a far quadrare la spesa per il cibo, utilizzando piccoli aiuti che riceve, la fanno rientrare tra i casi più disperati. Tanto più che un immigrato straniero solo, come Isa, non ha la rete di protezione di cui possono usufruire molti di noi, a partire da una famiglia che possa sostenerlo.
Sulla sua testa pende, quindi, una spada di Damocle. Per Isa si configura come il terrore di essere rispedita indietro, là dove è stata venduta, dove lo stigma di essere stata una prostituta è marchiato a fuoco e il coraggio di avere gabbato l’organizzazione espone a rischi di ritorsione.
Ecco perchè Isa sta cercando di ottenere un permesso di soggiorno a lungo termine che le permetterebbe di evitare il rischio di espulsione anche nel caso che rimanga senza lavoro. Per averlo deve essere in possesso dei requisiti indispensabili richiesti dalla legge: ha sostenuto l’esame di conoscenza della lingua italiana, ha un contratto di affitto regolarmente registrato, dichiara un reddito che non ha (e provvede a pagare lei stessa i contributi che il suo ex-datore di lavoro ormai non paga più).
E continua a pagare i ticket, solo perchè trova qualcuno che la aiuta, le vuole bene e trema
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Una soluzione pratica potrebbe essere farla ricoverare o farle aprire un Day Hospital, in modo che le possano fare gli esami gratis. Una volta avuta la diagnosi, probabilmente avrebbe l'esenzione per malattia, così per le cure e gli esami successivi non dovrebbe pagare.
La stupidità del sistema va aggirata con questi metodi, finchè qualcuno dall'alto non apra gli occhi.
Triste storia, in un'Italia che ci vede tutti vittime di uno Stato che non c'è! Non credo che l'indifferenza che descrivete sia dettata dal colore della sua pelle, forse solo da una ns GRANDE impotenza!!