Così recitano titolo e sottotitolo dell’ultimo libro della sociologa, torinese di nascita ma catanese d’adozione, presentato di recente nel bistrot della libreria Feltrinelli di Catania.
E’ un esauriente manuale di educazione di genere, perfetto per chi è già esperto della materia e per chi vuol capirne di più, per chi vuol ricordare e per le neofite e i neofiti che vogliano conoscere e orientarsi nei dedali della storia e delle definizioni di genere.
Un libro che, insomma, non può non favorire una riflessione sugli stereotipi presenti nella comunicazione, dato che è chiaro e immediato come un compendio ma anche esaustivo e completo come un’enciclopedia.
E’ un buon punto di partenza la riflessione, per stimolare nuove identità lontane dagli attuali modelli uomo/donna. “Le storie che raccontiamo – leggiamo nel risvolto di copertina- sono quelle delle progressive conquiste di parità, di autonomia, di libertà delle donne italiane.
I corpi cui ci riferiamo sono quelli delle donne di oggi. Per le donne il corpo non segna la propria unicità allo stesso modo in cui lo fa per gli uomini, perché è il segno prioritario attraverso il quale da sempre sono guardate e pensate. Le immagini e le parole sono quelle impiegate dai mass media e dai linguaggi quotidiani per parlare di uomini e di donne”.
“Il testo è rivolto soprattutto -è sempre il risvolto di copertina- alle donne nuove e ai nuovi uomini, alle studentesse e agli studenti delle scuole superiori e alle docenti che vogliono tener conto della dimensione del genere nella programmazione didattica.” Nella speranza che l’identità di genere entri a pieno titolo nelle scuole, dalla materna in su.
“Maschi e femmine nuove . La parità comincia a scuola” ribadisce Graziella Priulla in un articolo su La 27esima ora, blog del Corriere della Sera dove spiega come è nato questo libro.
Ho trovato platee interessate e coinvolte, ma le tante insegnanti che ho incontrato lamentano di esser lasciate sole, isolate rispetto alla necessità di essere formate a una pedagogia delle differenze. Deplorano la carenza di supporti: normativi, sì, per rileggere i curricula; ma anche e soprattutto culturali, didattici, informativi.
Da questa richiesta diffusa sono partita, quando ho cercato di raccogliere in un libro tutti gli stimoli che avevo ricevuto: ho raccontato la storia delle progressive conquiste di parità, di autonomia, di libertà delle donne italiane; ho citato e commentato le immagini e le parole impiegate dai media e dalla pubblicità per parlare dei corpi femminili e dei rapporti tra gli uomini e le donne; mi sono domandata se anche nel linguaggio quotidiano, nelle abitudini di tutti i giorni, lì dove si forma il senso comune, non si nascondano ambiguità, mistificazioni, scorciatoie limitative delle potenzialità di ciascuna e di ciascuno”.
“C’è differenza” si snoda su quattro punti:
Si comincia da un piccolo glossario e da un excursus storico con incursioni nel mito, nella letteratura, nella cronaca (a proposito, molto interessanti le digressioni, bene evidenziate, nei riquadri dal fondo grigio).
Si passa in seguito ad analizzare le parole, quelle che usiamo e quelle che ascoltiamo, quelle che
Attenzione -avverte Priulla- agli stereotipi, anticamera dei pregiudizi che conducono alla discriminazione.” Gli stereotipi sono sono l’immagine di un mondo cui ci siamo adattati”.
Importante è quindi non tanto annullarli ma destrutturarli, analizzarli. Qui, nei riquadri, vengono analizzati aforismi, proverbi e persino canzoni. E dato che le lingue sono i luoghi della codificazione dei ruoli sessuali, sono anche inadeguate ad esprimere la specificità e la natura sessuata degli individui.
E’ urgente dunque la femminilizzazione della lingua, in barba alle abitudini che fanno arricciare il naso davanti ai neologismi di genere. Ecco un allucinante dialogo riportato in C’è differenza. “Signora maestra, come si forma il femminile?/”Partendo dal maschile: alla o finale si sostituisce semplicemente una a”./ “Signora maestra, e il maschile come si forma?”/ “Il maschile non si forma, esiste”
La sociologa analizza quindi le rappresentazioni nei mass media, la pubblicità sessista; il corpo della donna mercificato, squartato come una mezzena, gambe, culi e tette. Rappresentazioni avvilenti, lesive della dignità della donna ma anche di quella dell’uomo.
E infine l’educazione di genere, l’educazione dei sentimenti, le fiabe, i giochi, i giocattoli.
Per concludere: “L’uguaglianza dei sessi è la partita del nuovo umanesimo: non è il principio d’un guerra tra uomini e donne, ma il seme di un nuovo e più solido contratto sociale in un modo più vivibile”. E ancora : “Viviamo in una società tecnologicamente avanzata ma molti sono ancora analfabeti sul piano comunicativo, emozionale, relazionale”.
Insomma, questa nuova civiltà conviene alle donne, subalterne e ridotte a oggetti da possedere. Ma,
Graziella Priulla insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi nel dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania – C’è differenza. Identità di genere e linguaggi: storie, corpi, immagini e parole, Franco Angeli, (qui un’anticipazione)
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